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Grazie ad un algoritmo Facebook vuole sapere se sei ricco o povero

Facebook sa quanto guadagni, se sei ricco o se sei povero. Lo scopre grazie ad un algoritmo la cui esistenza è stata svelata da un brevetto depositato nel 2016 dal social network di Mark Zuckerberg.
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A cura di Marco Paretti
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Facebook sa quanto guadagni, se sei ricco o se sei povero. Lo scopre grazie ad un algoritmo la cui esistenza è stata svelata da un brevetto depositato nel 2016 dal social network di Mark Zuckerberg, nel quale vengono descritte una serie di tecnologie in grado di rilevare il livello socioeconomico degli utenti di Facebook. Il progetto è stato rinominato Socioeconomic group classification based on user features ed è in grado di analizzare e rilevare lo stato di un individuo e le sue ricchezze, semplicemente partendo dai dati in possesso del social network e dai post degli utenti.

Questi elementi vengono descritti proprio dal brevetto depositato due anni fa. Tra di essi troviamo fattori basilari come l'età dell'utente, ma anche indicatori come il fatto di possedere o meno una casa, il numero di dispositivi tecnologici posseduti, in quale città risiede e qual è il suo livello di formazione. Tutti dettagli facilmente ottenibili dalle informazioni che inseriamo all'interno del social network, dalla nostra geolocalizzazione o dalle nostre foto, che l'algoritmo di Facebook sa ormai "interpretare" perfettamente. Così il calcolo del "nuovo" algoritmo è in grado di generare una stima in grado di indicare se un utente appartiene alla classe operaia, quella media o quella benestante.

Ma perché Facebook ha deciso di analizzare questa distinzione? Semplice, per targhettizzare meglio i propri annunci pubblicitari, che in questo modo possono essere indirizzati non solo in base agli interessi – e ai molti altri fattori tenuti in considerazione – ma anche in base alla ricchezza personale. Attualmente non è chiaro se il brevetto depositato da Facebook sia stato integrato all'interno del social network o sia ancora in fase di implementazione. In realtà potrebbe non raggiungere mai la piattaforma: come spesso accade, i brevetti vengono depositati anche per presidiare una tecnologia, senza necessariamente la volontà di renderla realtà nel breve termine.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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