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I videogiochi violenti non fanno crescere bambini violenti: lo studio

Una ricerca condotta negli Stati Uniti ha analizzato più di venti studi a lungo termine che hanno coinvolto complessivamente più di 20mila ragazzi. I risultati smentiscono una delle fake news che per decenni è stata tra le più diffuse dai critici dei videogiochi, ovvero che queste opere istighino alla violenza i giocatori in tenera età.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Tra chi è più critico nei confronti del mondo dei videogiochi è viva una convinzione difficile da scardinare: che gli episodi di violenza contenuti in alcuni titoli possano influenzare il comportamento dei bambini che ci giocano, spianando la strada a un'adolescenza e una vita adulta all'insegna dell'aggressività gratuita. In questi giorni però un'analisi pubblicata da un team di ricercatori da numerose università porta numerose prove a sostegno del contrario: stando a studi di lunga durata su più di 20.000 bambini e ragazzi, sembra che la violenza nei videogiochi non produca alcun desiderio di emulazione né una propensione per i comportamenti aggressivi negli anni successivi.

Gli studi sugli effetti dei videogiochi nella vita reale si sono moltiplicati fin dalla nascita del mezzo stesso, senza però mai arrivare a una conclusione sul presunto collegamento tra la violenza virtuale e l'aggressività di chi ne è spettatore. La ricerca pubblicata in questi giorni non fa strettamente parte della categoria, ma è un'analisi approfondita di numerosi precedenti lavori che hanno avuto per oggetto proprio questo tema. Nello specifico, quelli analizzati sono 28 studi di breve, media o lunga durata condotti nel corso degli anni da altre università e ricercatori, che sono stati comparati nelle metodologie e nei risultati trovati da ciascuno.

Proprio le metodologie alla base degli studi sono state messe sotto accusa dagli autori dell'analisi, che hanno concluso: "Questi studi non sembrano poter sostenere con adeguata forza la tesi di collegamenti di lungo termine tra contenuti violenti nei videogiochi e aggressività nei ragazzi"; le eventuali correlazioni trovate in alcuni di questi lavori "si spiegano meglio con inaccuratezze metodologiche e con le aspettative dei ricercatori stessi nei confronti dei risultati" del loro lavoro.

La conclusione dei ricercatori insomma è che le prove del fatto che la violenza virtuale si traduca in violenza reale siano in realtà molto poche. D'altro canto gli studi che sostengono in modo assoluto il collegamento tra violenza virtuale e violenza reale — è il timore dei ricercatori — arrivano a evidenziare questa correlazione seguendo percorsi metodologici di scarsa qualità, spesso proprio allo scopo di dimostrare ciò che si sono prefissati di dimostrare. Trattandosi però di una meta-analisi che solleva dubbi su parte delle ricerche messe sotto la lente di ingrandimento, il lavoro appena pubblicato è sicuramente soggetto a sua volta a critiche; difficile insomma immaginare che questa sarà l'ultima parola su una questione che si trascina da decenni.

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