Il caso dei balli di Fortnite “copiati”: è violazione di copyright?
Nel guadagnarsi milioni di nuovi giocatori ogni trimestre, Fortnite e il suo studio di sviluppo Epic Games si stanno tuttavia facendo molti nemici. A provare risentimento non sono giocatori scontenti né studi di sviluppo avversari, ma una schiera sempre più nutrita di personalità del mondo dello spettacolo, che in questi mesi stanno aspramente criticando i creatori del gioco arrivando in alcuni casi a vere e proprie denunce. Il motivo: le danze celebrative che i personaggi del gioco possono mettere in scena durante le partite sono palesemente copiate da balli resi famosi nella cultura popolare da attori e cantanti nel modo reale.
Tra gli ultimi a denunciare la pratica c'è nientemeno che Alfonso Ribeiro, meglio noto al pubblico come Carlton Banks di Willy, il Principe di Bel-Air; nei panni di Carlton l'attore ha infatti ideato un balletto che a decenni di distanza Epic ha deciso di riproporre in maniera decisamente fedele. Per questo motivo, Ribeiro ha deciso di portare in tribunale lo studio, ma non è il solo ad aver fatto questa scelta: anche il musicista e ballerino Backpack Kid e il rapper 2Milly hanno intrapreso la stessa strada.
La vicenda è particolarmente spinosa per due motivi. Il primo è che le danze digitali — o Emote, come vengono chiamate all'interno di Fortnite — non sono gratuite ma in vendita; come tutti gli elementi all'interno del gioco vanno cioè acquistate, spendendo una valuta virtuale alla quale però corrispondono soldi veri che finiscono nelle tasche di Epic Games. Il secondo è che, anche a fronte di un guadagno realizzato parzialmente sulla base di un lavoro di ingegno altrui, i procedimenti legali intentati nei confronti di Epic Games dovranno dimostrare che nel riprodurre digitalmente una coreografia ideata da altri è stato effettivamente violato un copyright. Gli avvocati di Ribeiro e degli altri artisti che hanno fatto la stessa scelta dovranno cioè innanzitutto tentare di mettere le danze in oggetto sotto tutela, e poi confrontarsi con leggi che sicuramente non avevano previsto lo scenario che si sta verificando in questi mesi — in cui un'azienda di software trasforma un ballo in un oggetto digitale per rivenderlo come acquisto in-app a milioni di persone.