Il Papa: “A Pasqua non trollate”
L'atmosfera sui social per chi ama informarsi o discutere è diventata irrespirabile da anni: ogni argomento polarizza le opinioni di chi legge o commenta, i fatti del giorno si tramutano costantemente in un pretesto per insultare chi non la pensa allo stesso modo e il filtro della politica contribuisce alla formazione di tifoserie di persone che, nella vita reale, probabilmente non avrebbero alcuna ragione di mal sopportarsi. Il fenomeno si è fatto così pervasivo da turbare perfino Papa Francesco: nel corso dell'Udienza Generale di ieri in piazza San Pietro il Pontefice ha infatti chiesto ai suoi fedeli di approfittare del periodo di Quaresima per allenarsi a resistere all'impulso di trollare il prossimo.
Il Mercoledì delle Ceneri di ieri inaugura la Quaresima, periodo che precede la Pasqua e che nella fede cristiana ha un carattere di riflessione e penitenza. Ecco il perché delle parole di Papa Francesco, che nell'Udienza Generale di ieri ha toccato diversi temi ma che si è soffermato anche sulla necessità di dosare le parole con i nostri interlocutori, tanto nella vita reale quanto online: "C'è troppa violenza verbale — ha denunciato il Pontefice — parole offensive e nocive che la Rete amplifica. Oggi si insulta come dire buona giornata".
Parlare da dietro uno schermo e nascosti da uno pseudonimo alimenta l'illusione che online non si stia parlando con un essere umano, ma con un concetto astratto o un'idea. Anche per questo, in Rete c'è chi pensa di poter aggredire verbalmente il prossimo senza conseguenze. Sono i cosiddetti troll, odiatori abitudinari che sfogano le loro frustrazioni su Facebook come su Twitter e su altre piattaforme. I social stanno da tempo prendendo provvedimenti per arginare questi fenomeni con filtri anti insulto basati sull'intelligenza artificiale, ma per il Papa il problema va affrontato a monte: tornando a dare valore alle parole e mettendo un freno a gossip, dicerie e cattiverie, perché ormai "ci siamo abituati a sentire di tutto su tutti e rischiamo di scivolare in una mondanità che ci atrofizza il cuore”.