
Le impronte digitali possono essere replicate, i volti possono essere riprodotti. Ma il sudore no, quello è unico. O almeno abbastanza unico da rappresentare uno dei metodi di sicurezza più efficaci per sbloccare, ad esempio, uno smartphone. È quanto sostengono alcuni ricercatori dell'Università dell'Albania all'interno di una ricerca intitolata "Promises and Challenges in Continuous Tracking Utilizing Amino Acids in Skin Secretions for Active Multi-Factor Biometric Authentication for Cybersecurity".
L'idea è semplice: tutti noi abbiamo un sudore particolare, ancora più unico rispetto agli altri elementi biometrici attualmente utilizzati per sbloccare i dispositivi elettronici. Uno smartphone, per esempio, potrebbe quindi registrare la composizione del nostro sudore per poi utilizzarla per sbloccare il device. "Questa tecnologia, oltre a consentire a tutti di proteggere con più sicurezza il proprio smartphone, potrebbe aiutare anche le persone con disabilità" ha spiegato Jan Halamek, uno degli autori dello studio. "In questo modo non dovrebbero ricordarsi una password o non gli verrebbe richiesto di utilizzare una mano o un dito per sbloccare il dispositivo".
Ma come funzionerebbe lo sblocco tramite sudore? Gli aminoacidi presenti nel sudore potrebbero essere analizzati con l'obiettivo di creare un "profilo" dell'utilizzatore, che poi il dispositivo potrebbe utilizzare per confermare che chi lo sta usando sia effettivamente il proprietario. Un sistema peraltro estremamente difficile da ingannare anche rispetto a soluzioni come le impronte digitali o il volto, perché si basa di sistemi biologici complessi che non possono essere ricreati da nessuno se non dal legittimo proprietario. "Crediamo che questo concept possa diventare realtà entro i prossimi 5-10 anni" conclude Halamek.
