Julian Assange minacciato di morte: “la mia assicurazione sulla vita sono i documenti su Murdoch”
Da un po' di giorni e da più parti si denunciano diversi tentativi di intimidazione ai danni di Julian Assange, simbolo e portavoce di Wikileaks, attualmente costretto entro i confini britannici in attesa dell'udienza definitiva del 7 febbraio, in cui dovrà fronteggiare l'accusa di "condotta sessuale scorretta" recapitatagli dal governo svedese, in seguito alle dichiarazioni di due giovani donne che accusano l'australiano di aver avuto con loro dei rapporti sessuali consenzienti e non protetti, per poi rifiutarsi di sottoporsi al test dell'HIV. Come è facile intuire, però, le vere accuse dirette ad Assange non hanno molto a che vedere con la sua condotta sessuale, quanto, piuttosto, con la condotta giornalistica, a causa della quale, in questi mesi, ha collezionato diverse minacce di morte da parte di eminenti esponenti politici e giornalisti statunitensi ma, soprattutto, da parte di membri delle forze armate USA, i quali detengono il record del maggior numero di missive con promessa d'assassinio recapitate ad Assange.
Il vero problema, dice l'hacktivist australiano nel corso di un'intervista al settimanale britannico The New Statsman, sono "gli appelli all’omicidio, al sequestro e all’esecuzione da parte delle elites della società statunitense". Per far luce sui molteplici auguri di un pronto trapasso, i sostenitori di Assange o hanno aperto un sito internet dal nome: peopleokwithmurderingassange ,attraverso il quale è possibile apprendere che, ad esempio, Sarah Palin ha dichiarato che "Julian Assange dovrebbe essere colpito come se fosse un talebano", mentre Bob Beckel, commentatore di Fox News, ha fatto notare come "Un uomo morto non può far trapelare cose… Questo tizio è un traditore ed ha infranto ogni possibile legge degli Stati Uniti. Ma io non sono a favore della pena di morte, quindi… C'è solo un modo per farlo: sparare illegalmente a quel figlio di puttana" e, per finire, abbiamo il tenente colonnello dell'esercito USA Ralph Peters che dice: "Non credo nelle fughe di notizie. Io giustizierei i responsabili delle fughe. Stanno tradendo il nostro paese".
Ed è alla luce di queste e molte altre dichiarazioni dai toni tutt'altro che concilianti che Julian Assange ha deciso di dichiarare di essere in possesso di una serie di documenti che riguardano le magagne di Rupert Murdoch e della sua News Corp, e che considera questi cables una sorta di "assicurazione sulla vita", da rilasciare nel caso in cui dovesse capitare qualcosa a lui o a Wikileaks. I documenti in possesso di Assange sarebbero la riprova della una cieca fedeltà al potere da parte di Murdoch, che grazie al suo strapotere mediatico, potrebbe diffondere e confermare una notizia falsa nel giro di pochi minuti. A riprova di ciò, vi basti ricordare la dubbia, prima vittoria elettorale di George W. Bush, la cui notizia arrivò a sorpresa da Fox News, mentre tutti gli altri media davano per certa la vittoria di Al Gore. Considerando che Murdoch è il proprietario di Fox News, nonché fervente sostenitore del partito repubblicano, non è da escludere che i documenti nelle mani di Assange riguardino proprio il mistero, mai risolto, delle elezioni politiche del 2000.
In ogni caso, considerando le continue richieste di estradizione in USA e il desiderio di molti di vedere Assange accomodarsi sulla sedia elettrica, non stupisce che l'hacktivist australiano provi a salvarsi la pelle minacciando di provocare ulteriori scandali. Stando alle dichirazioni dell'hacktivist, inoltre, anche al New York Times, autorevole sostenitore della causa Wikileaks, tira una brutta aria: "Se un informatore fosse stato perseguito, publisher e reporter sarebbero stati protetti dal primo emendamento, che i giornalisti danno per scontato. Ma questo sta per cambiare". E che ne sarebbe, allora, di quegli Stati Uniti che hanno sempre dipinto se stessi come la patria della libertà di stampa? Che cosa resterebbe del famigerato "quarto potere", di quel giornalismo capace di far crollare i presidenti, se venisse meno il rispetto del primo emendamento?
Assange dichiara di non considerare certo gli USA il nemico numero uno della libertà di informazione, "il vero nemico tecnologico è la Cina", ma è pur vero che il nemico politico di Wikileaks, oggi, sono gli Stati Uniti, una nazione che l'hacktivist australiano dice di rispettare, perché "ha un’invidiabile storia rivoluzionaria e una gran dose di libertà è stata diffusa grazie a questa tradizione […] Non bisogna dimenticare poi che sono stati proprio gli Stati Uniti a varare, negli anni Settanta, un Freedom of Information Act molto potente, che è diventato un modello sia per l’Australia che per la Gran Bretagna". Tutto vero. Peccato che, oggi, sia proprio quella stessa nazione a rivendicare l'altisonante diritto al "segreto di stato" che, purtroppo, si traduce in nel triste e banale "diritto" alla mezongna.