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L’ex sceriffo del web diventa consulente strategico di Bernabè

Il colonnello Umberto Rapetto meno di un mese fa era stato spinto alle dimissioni, ora sarà consulente di Bernabé.
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Dalla Guardia di Finanza a consulente strategico dell'amministratore delegato di Telecom Italia Franco Bernabè. E' questo il nuovo incarico di Umberto Rapetto, 52 anni, ex comandante del Gat, Gruppo anticrimine tecnologico della Finanza, che dopo anni di successo nella lotta al crimine informatico, ad hacker e truffatori, è stato letteralmente "silurato" dai vertici della GdF.

Alla fine del maggio scorso, dopo trentasette anni di onorato servizio, il comandante del Nucleo Speciale Frodi Telematiche della Guardia di Finanza era stato trasferito ad altro incarico, più precisamente al Centro alti studi della Difesa (Casd) a seguire un corso, passando così da comandante a studente. Come mai una decisione del genere, dopo che da anni si vociferava su una sua probabile promozione? Un corso di formazione, per quanto d’eccellenza, non può essere paragonato ad un avanzamento di carriera.

La vicenda è stata così clamorosa e misteriosa da finire diritta in Parlamento dove senatori e deputati di tutti i gruppi politici, di destra, centro e sinistra, si sono apertamente schierati dalla parte dello sceriffo del web. L'interesse dei media e della politica al caso Rapetto purtroppo non ha cambiato le carte in tavola e il colonnello ha aggiornato i suoi estimatori sul proprio profilo facebook, con mood che mostravano a tutti quando giustamente stesse soffrendo per la decisione di lasciare le fiamme gialle.

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Alla fine pochi giorni fa la conferma del nuovo incarico è arrivato dallo stesso Rapetto sempre sul suo profilo Facebook

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Quella che vi ho raccontato rimane comunque una storia molto triste e preoccupante, nei giorni delle dimissioni forzate molti hanno pensato che il licenziamento di Rapetto fosse legato alle decisioni di qualche potere occulto che voleva levarsi di mezzo una persona scomoda, alcuni hanno addirittura collegato questo epilogo ad alcune indagini troppo scomode che il colonnello aveva portato avanti, in particolar modo quelle sui Monopoli di stato e sulle società concessionarie delle slot machine le quali sono state condannate dalla Corte dei conti a pagare oltre 2 miliardi e 500 milioni di euro di penali contrattuali per il mancato collegamento degli apparati alla rete dell’anagrafe tributaria con disastrose conseguenze per l’erario.

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