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L’Italia è già in ritardo per innovare la PA (e rischia di sprecare 2 miliardi)

Il rapporto del dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio lo dice chiaramente, a proposito del processo di innovazione che avrebbe dovuto riformare la Pubblica Amministrazione: “Ritardi generalizzati”. Ritardi che rischiano di vanificare, e sprecare, due miliardi e mezzo di euro.
A cura di Francesco Russo
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Il rapporto del dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio lo dice chiaramente, a proposito del processo di innovazione che avrebbe dovuto riformare la Pubblica Amministrazione: "Ritardi generalizzati". Ritardi che rischiano di vanificare, e sprecare, i due miliardi e mezzo di euro che avrebbero dovuto essere utilizzati per lo scopo. Il rapporto ha l'obiettivo preciso di indagare sull'impiego di questi fondi e quello che viene rilevato è impietoso. Si tratta del primo vero segnale che arriva dopo aver programmato un vasto piano di innovazione del valore di 6 miliardi di euro previsti per l'Agenda Digitale. Si scrive ritardo ma si legge timore e impreparazione verso un processo che tanto bene farebbe alla Pubblica Amministrazione e quindi ai cittadini. Il rapporto, però, evidenzia, all'interno di questo contesto non proprio idilliaco, che ci sono ampi spazi per migliorare.

Il rapporto del dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, pubblicato da poco, evidenzia ritardi sia per quanto riguarda i POR che i PON, i piani regionali e nazionali. Gli ambiti su cui si registrano i ritardi sono OT11 (rafforzamento della capacità istituzionale e amministrativa) e OT2 (attuazione dell’Agenda Digitale), proprio quest'ultimo processo viene giudicato nel rapporto come "molto lento".

Per quanto riguarda gli OT11 le regioni dovrebbero dedicarsi al miglioramento dei servizi della PA soprattutto da un punto di vista formativo. Più impegnativo riguarda OT2 che riguarda la Sanità, i datacenter regionali e PagoPa, servizio con cui i cittadini potranno effettuare i pagamenti alle amministrazioni in modalità elettronica.

Ad oggi sono soltanto tre le regioni italiane che sono state in grado di attivare nuovi strumenti dedicati ai cittadini, e sono Emilia-Romagna, Umbria e Sicilia. Ma sono ancora tanti, troppi, i cittadini che non possono fruirne. Il rapporto segnala anche, in termini di investimenti tecnologici per il turismo, che solo Calabria e Basilicata, tra quelle meno sviluppate, sono le due regioni italiane ad aver attivato servizi di e-government.

Come spesso succede, e come rileva anche il rapporto della Funzione Pubblica, una delle motivazioni che sta alla base di questi ritardi è che le varie amministrazioni, nel corso dell'ultimo anno, hanno finito per impegnare il loro tempo su altre attività dove evidentemente erano in ritardo. Viene rilevata anche l'assenza di una vera programmazione per impiegare al meglio gli investimenti a disposizione.

All'orizzonte ci sono le modalità per poter recuperare questi ritardi, tra cui il piano triennale, che potrebbe dare una grande mano alle amministrazioni, ma anche il team guidato da Diego Piacentini, all'interno del quale vi sono delle preziose figure tecniche in grado di intervenire per invertire la rotta. Ma bisogna fare in fretta, prima che altri sprechi finiscano per sommarsi a quelli già evidenziati.

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