La Cassazione assolve Carlo Ruta, i blog non sono stampa clandestina
Carlo Ruta è innocente. La Cassazione mette la firma su una verità conclamata in partenza ma che l'ingarbugliato (e di certo poco aggiornato) diritto italiano rischiava di mettere in discussione. Per chi non conosce la storia occorre fare un passo indietro, al 2008 per la precisione. Ruta aveva un blog, “Accade in Sicilia” dedicato alla lotta alla Mafia, con inchieste e approfondimenti; una voce coraggiosa, di quelle che sembrano sempre poche in una terra così martoriata dalla criminalità organizzata. La paura, la tensione, il rischio di ritorsioni non fermano il lavoro di Ruta, che prosegue nella sua mission di informare i siciliani e tutto il paese . A fermarlo ci pensa invece un magistrato, sentitosi leso da alcune frasi pubblicate sul blog, che querela Ruta per diffamazione e, udite udite, “stampa clandestina”.
I BLOG COME STAMPA CLANDESTINA – Già, secondo il pm un blog che fa informazione ma non risulta registrato presso il Tribunale compie il reato di clandestina. La cosa preoccupante è che questa visione ottocentesca viene condivisa anche dal Tribunale monocratico di Modica che condanna Ruta proprio per questo reato. Sentenza che tra l'altro viene confermata anche in appello dalla Corte di Catania. Il suo blog infatti viene considerato dai togati “prodotto editoriale”, quindi vincolato alla registrazione come una qualsiasi testata cartacea. Ruta viene condannato ad una multa di 250 euro, non certo una cifra esosa ma a preoccupare è molto di più il principio che le due sentenze affermano, ovvero quello della similitudine tra i quotidiani di informazione e i semplici blog che devono essere sottoposti agli stessi vincoli legali.
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE – Per fortuna a chiudere questa barbarie legale ci ha pensato la Cassazione che ieri sera ha assolto Ruta e il suo blog da qualsiasi ipotesi di reato. Al tal proposito il blogger ha affermato: Questa sentenza di Cassazione è degna della tradizione del nostro Paese, che ha dietro di sé una cultura giuridica di prim’ordine. Mi preme di ringraziare per prima cosa tutti coloro che hanno sostenuto fino all’esito conclusivo questa campagna di libertà. A loro il web deve davvero tanto. Sono passati oltre sette anni, e questa sentenza, determinante per il destino della comunicazione in rete, ripaga i sacrifici fatti e l’impegno di tutti. D’ora in poi possiamo dirci davvero più liberi.