Larry Page: ecco perché potrebbe diventare lo Steve Jobs di Google
Steve Jobs è lontano dalla sua Apple da poco più di una settimana e già comincia il toto-erede-morale-spirituale: chi sarà il prossimo Steve Jobs? (si chiede con insistenza la Rete), esiste qualcuno che sia alla sua altezza (domandano i blog specializzati)? Il tutto in un enorme calderone di domande inevase e risposte impossibili che, in questi giorni, hanno deciso di radunarsi tutte intorno alla decisione di BigG di affidare le sorti della compagnia nella mani di un nuovo CEO: Larry Page. Tutti si chiedono se il giovane trentottenne sarà (o meno) in grado di consegnare a Google l'entusiasmo degli esordi e la stessa visionarietà che Jobs ha regalato ad Apple, ma nessuno risponde veramente alla questione. Del resto, come potrebbero? Page non è mai stato CEO di una compagnia quotata in borsa, finora non ha mai mostrato d'avere una personalità eclettica e carismatica ed è, da sempre, il più scostante del triumvirato a capo di Mountain View.
Non possiamo sapere che tipo di CEO sarà per Google, ma possiamo analizzare i fatti, comprendere il personaggio e provare ad immaginare in che modo potrebbe decidere di agire nel prossimo futuro.
Di certo, lo stile squisitamente manageriale di Eric Schmidt non basta più. Il suo atteggiamento concreto a attento al business ha fatto di Google quella che è oggi, permettendo alla compagnia di sfruttare tutto il possibile da quell'idea straordinaria che Page e Brin ebbero alla fine degli anni '90. Ora, però, la concorrenza di Facebook si fa sempre più agguerrita, gli ultimi progetti social di Moutian View -Wave e Buzz- sono miseramente falliti e, sebbene BigG goda ancora di ottima salute economica, ha bisogno di una visione quanto più chiara e illuminante possibile del suo futuro.
Ha bisogno di idee nuove, capaci di marchiare a fuoco il mercato per altri 10 anni, altrimenti, come molti fanno notare, il meglio che può capitare a Google è restare a galla senza infamia né lode (come Microsoft) o, al peggio, vedere erosi gli antichi fasti (come Yahoo).
Larry Page, com'è noto, ha dedicato buona parte della sua vita alla progettazione di automobili che si guidano da sole, fin dai tempi dell'università. Ma se è vero che Google, fino ad ora, è stata come una di quelle automobili, ovvero perfettamente in grado di procedere in modalità crociera senza la necessità di particolari propulsioni o repentini cambiamenti di percorso, quel tempo è finito. I competitors sono ormai troppi e tutti agguerriti. E se persino un'azienda neonata come Groupon crede di poter camminare da sola e rifiuta un'offerta da sei miliardi di dollari proveniente da uno dei colossi del web, allora è vero che BigG non fa più paura a nessuno e che, forse, è arrivata l'ora di dimostrare di avere ancora diritto ad essere definiti "Big". E non solo per i ritorni economici (non è certo solo questo che rende grandi le aziende) ma per la capacità di proporre al mondo idee che siano ancora rivoluzionarie, innovative, diverse. Come quelle di Steve Jobs. Per l'appunto.
Google non può più permettersi di vivere di rendita. Non basta il motore di ricerca, non basta Youtube e, forse, non basterà neppure il cospicuo investimento nello sviluppo software. Nell'ultimo anno, Google ha guadagnato 27 miliardi con l'advertising e un solo miliardo con tutto il resto. Diverse voci accreditate parlano di un Larry Page piuttosto incline a dedicarsi allo sviluppo software (in pieno stile Jobs) ma non può essere tutto qui. Ci vuole un nuovo progetto. E, stando ad alcune dichiarazioni rilasciate dal neo-CEO, anche lui sembra pensarla così. "Penso che sia più facile fare progressi attraverso sogni ultra ambiziosi" ha detto "So che sembra completamente folle. Ma finché anche qualcun'altro non sarà abbastanza pazzo da farlo, si avrà poca concorrenza".
Ma anche con un'idea rivoluzionaria tra le mani, Larry Page non potrà diventare lo Steve Jobs di Google se non saprà essere temerario; se non deciderà di liberarsi dell'aura da nerd per vestire i panni del guru tecnologico che non sbaglia mai, che anticipa i tempi, che ispira la sua squadra, che è in grado di prendere un'azienda allo sbando e riportarla nell'Olimpo delle star tecnologiche percependo il simbolico stipendio di 1 dollaro. La magia di Apple continua a ripetersi grazie a due ingredienti fondamentali: carisma ed affabulazione. Steve Jobs incanta le platee, tiene il suo pubblico con il fiato sospeso, e viene acclamato, ogni volta, a suon di standing ovation. Ce lo vedete Page nei panni di un cybergladiatore mentre infiamma l'arena con un'oratoria elegante a l contempo appassionata?
Io, al momento, no.