Le app per sms tolgono 18 miliardi alle compagnie telefoniche (e va bene così)
Un sms tradizionale inviato utilizzando un qualsiasi operatore su rete GSM costa alle telco mediamente 0,1 centesimo di euro, per un traffico generato di 140 byte. Eppure il "messaggino" può arrivare a costare finanche 15 centesimi e considerando la mole impressionante di sms scambiati ogni giorno è facile ipotizzare gli enormi guadagni delle compagnie telefoniche.
Non stupisce pertanto che da qualche mese a questa parte i servizi che consentono l'invio di messaggi gratuiti stiano letteralmente spopolando ai quattro angoli del globo; basti pensare che solo tramite l'ormai celebre Whatsapp vengono scambiati oltre 10 miliardi di messaggi ogni giorno. Per gli utenti si tratta di un risparmio di non poco conto, considerata anche la possibilità di inviare allegati come foto o video, che per via tradizionale possono arrivare a costare anche un euro a messaggio, ma per le compagnie telefoniche si tratta di un vero e proprio salasso.
Secondo una ricerca del centro studi Ovum solo nel 2012 le telco hanno perso oltre 23 miliardi di dollari (18 miliardi di euro), cifra destinata a salire con i -54 miliardi previsti per il 2016 e non è che l'inizio, visto che lo sviluppo di applicazioni simili che invaderanno gli store nei prossimi mesi. Concorrenza sleale o fine di un vero e proprio cartello? Difficile prendere le difese delle compagnie telefoniche, alla luce degli enormi ricavi ottenuti su una tecnologia di bassissimo costo a cui si aggiunge l'ostracismo anche ne riguardi delle applicazioni per le chiamate voip, con un traffico che spesso è tariffato fuori dalle flat offerte dai provider. Il tutto a danno geli utenti.
Pretendere però 5, 10 o addirittura 15 centesimi per ogni sms inviato, nell'epoca delle mail, del social messaging e di internet h24 significa voler succhiare ogni profitto possibile prima che la rivoluzione della rete mandi definitivamente in soffitta gli strumenti di comunicazione tradizionali. Ben vengano quindi applicazioni come Whatsapp, soprattutto per un mercato come quello italiano, dove le tariffe, inspiegabilmente, sono per giunta più care rispetto alla media europea.