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Le emoji fanno andare in crisi i tribunali: sempre più presenti nei casi

Nell’era del digitale, dei social media, della comunicazione veloce e visiva forse doveva essere messo in conto, ma non certo fino a questo punto. Negli Usa aumentano i casi in cui le prove siano conversazioni in cui sono presenti delle emoji e da lì nasce la difficoltà di interpretarli. Negli ultimi 15 anni, dal 2004 al 2019 questo fenomeno è cresciuto in maniera esponenziale.
A cura di Francesco Russo
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Nell'era del digitale, dei social media, della comunicazione veloce e visiva forse doveva essere messo in conto, ma non certo fino a questo punto. Quello che sta accadendo negli Usa è la conseguenza di una comunicazione che al giorno d'oggi si sviluppa anche attraverso delle emoji, delle icone molto usate nelle applicazioni di messaggistica che, spesso, sono usate per esprimere non una sola parola ma un intero concetto. Il problema è che se una conversazione fatta di emoji arriva tra le mani di un giudice, allora sorge, per davvero, il problema di come interpretarli. Da quello che riporta The Verge, i pubblici ministeri della Bay Area, la zona settentrionale della California, sono sempre più alle prese con cause in cui si presenta sempre più spesso l'esigenza di interpretare le emoji contenute nelle conversazioni degli imputati. Come nel caso di un uomo arrestato con le accuse di sfruttamento della prostituzione le cui prove comprendevano diversi DM (messaggi privati) su Instagram, in uno dei quali si fa riferimento al lavoro di squadra e all'emoji di una corona, di una dei tacchi a spillo e di quella che simboleggia i soldi. E la difficoltà è quella di dare un significato a quel messaggio. Per il giudice implica l'esistenza di un rapporto di lavoro, mentre per l'imputato è semplicemente un messaggio d'amore.

Sempre da quanto riporta The Verge, sembra che nell'area della California, ma negli Usa in generale, stiano aumentando i casi in cui la presenza di emoji nelle conversazioni che sostituiscono prova all'interno di un processo stiano aumentando a dismisura. Negli ultimi 15 anni, dal 2004 al 2019 questo fenomeno è cresciuto in maniera esponenziale, addirittura nel 2018 il fenomeno ha caratterizzato un terzo di tutte le cause degli Stati Uniti.

L'aumentare di questi simboli grafici come strumento di comunicazione ha finito per coinvolgere anche i tribunali che non sono attrezzati per dare una corretta interpretazione di ciò che rappresentano. Oggettivamente, all'interno di una causa, questo diventa un problema da affrontare. La difficoltà sta nel fatto che questi simboli rappresentano un significato compiuto all'interno di un dato contesto e, data la loro flessibilità di utilizzo, non è sempre detto che il significato sia solo quello. E il fenomeno è destinato certamente ad aumentare.

Eric Goldman, dell'università di Santa Clara, ha individuato 50 casi in cui si citano emoticon o emoji, anche se è possibile che i caso siano di più per il fatto che il giudice li abbia potuti classificare come "immagini" o "simboli". Goldman prevede che l'aumento di emoji di verificherà si dal punto di vista penale ma anche dal punto di vista contrattuale. Inoltre, Goldman invita i giudici ad assicurarsi sempre che gli avvocati diamo una rappresentazione esatti di ciò che i loro clienti vogliono dire e di non commettere l'errore che un simbolo sia legato ad solo significato. E poi, Goldman invita i giudici a non modificare la rappresentazione grafica degli emoji perché questo potrebbe davvero cambiare il significato, invitandoli a rappresentarli attraverso Pdf.

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