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Le proteste di Hong Kong stanno schierando gli impiegati di Google uno contro l’altro

Secondo quanto riporta Recode, i forum interni riservati ai circa 100.000 impiegati di Google ospitano numerose discussioni sulla questione. Da una parte ci sono i sostenitori delle ragioni dei protestanti, mentre dall’altra è schierato chi invece ritiene sia più condivisibile la posizione del governo di Hong Kong.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Mentre a Hong Kong continua a infuriare la protesta dei manifestanti contro il governo, le aziende tecnologiche anche solo marginalmente toccate dall'avvenimento stanno continuando a mostrarsi sempre più in difficoltà nel trattarlo. Dopo i casi di Apple e Blizzard, l'ultima società in ordine di tempo a scivolare sul terreno delle proteste cinesi è stata Google, che ha rimosso dal suo Play Store un videogioco basato sui fatti che si stanno verificando ormai da mesi, causando in questo modo il malcontento di una parte dei suoi stessi dipendenti.

Il gioco in questione si chiama The Revolution of Our Times e la sua rimozione risale a qualche giorno fa, ma le reazioni le ha raccolte Recode nelle ultime ore accedendo in via eccezionale al materiale proveniente dai forum e dalle mailing list condivisi tra i circa 100.000 impiegati della società. Dal racconto di Recode emerge che in realtà le posizioni degli impiegati nei confronti della protesta erano già piuttosto nette prima della rimozione del gioco: sulle piattaforme di discussione interne si fanno sentire a suon di discussioni e meme i sostenitori dei manifestanti ma anche chi invece simpatizza con le posizioni del governo di Hong Kong e della Cina, e ritiene che in occidente i mezzi di comunicazione non diano abbastanza elementi per discutere della questione in modo razionale.

In un quadro simile la vicenda attorno a The Revolution of Our Times non ha fatto che polarizzare le opinioni già presenti all'interno della forza lavoro del gruppo. Il gioco infatti è stato ufficialmente rimosso perché contrario alle regole del Play Store secondo le quali "sono vietate le app prive della dovuta sensibilità nei confronti di calamità naturali, atrocità, conflitti, decessi o altri eventi tragici, oppure le app che sfruttano tali eventi". Per i sostenitori dei protestanti l'azienda avrebbe potuto gestire meglio la situazione, ad esempio chiedendo agli sviluppatori di rimuovere semplicemente il sistema di monetizzazione integrato nell'app, anziché bandire del tutto il software; per gli impiegati della fazione opposta

A complicare la situazione c'è la questione dei rapporti economici tra Google e la Cina. Fino a qualche tempo fa il colosso di Mountain View stava infatti sviluppando una versione segreta del suo motore di ricerca con filtri di censura implementati al suo interno, per poter entrare finalmente in nel promettente mercato del Paese asiatico. Il progetto è stato poi abbandonato, ma la società potrebbe ancora avere un certo interesse nel non schierarsi apertamente contro il governo cinese su una vicenda che quest'ultimo ritiene di così fondamentale importanza. Quale che sia il caso, i dipendenti continueranno probabilmente a confrontarsi sulla questione così come avviene probabilmente in seno alle altre multinazionali del settore, finite in una questione di politica internazionale che le sta costringendo a prendere posizioni che avrebbero volentieri evitato di dover prendere.

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