Linnea Passaler: volto simbolo di Working Capital e dell’innovazione made in Italy
Linnea Passaler, 33 anni, medico, garibaldina, innovatrice. Dovrebbe bastar questo ad introdurre un personaggio che ha fatto parlare moltissimo di sé negli ultimi tempi. E non solo per la combattività, per l'innato ottimismo, la determinazione, ma soprattutto per l'entusiasmo che traspare da ogni suo intervento (scritto e non), per la capacità di pensare che il desiderio e la tenacia bastino a se stessi, perché "noi non abbiamo tempo per pensare a cosa l’Italia deve fare per risolvere i nostri problemi. Siamo troppo impegnati a trovare soluzioni". Certo, ogni giorno (ed oggi più che mai) i media ci restituiscono un'immagine a dir poco drammatica del nostro paese, ma è altrettanto vero che restando a fissare il soffitto, schiacciati dal peso della disfatta, non si combina granché, e l'unico risultato possibile è quello di passare il tempo a ristagnare sperando che qualcosa "accada". Esistono, invece, persone in grado di "far accadere" qualcosa, persone in grado di inventare soluzioni e, perché no, di ispirare tutti coloro a cui ancora manca il coraggio dei propri sogni. Ecco perché Linnea Passaler è diventata il volto simbolo di Working Capital 2011; non è l'aver vinto la scorsa edizione a fare di lei il "candidato ideale", ma l'atteggiamento proattivo che contraddistingue ogni sua mossa. Noi di Tech Fanpage abbiamo voluto intervistarla nella speranza che la sua contagiosa positività "infetti" tutti voi, e ci auguriamo sinceramente che, una volta contratta la malattia del "proattivismo", nessun medico si proponga di curarvi.
Tu sei l’esempio vivente di come l’esperienza Working Capital possa dare nuovo impulso ad idee imprenditoriali innovative e, di certo, l’incontro con Telecom Italia e con le altre realtà che ruotano intorno al progetto WKC è stato un momento chiave della tua vita professionale. A questo proposito, crediamo sarebbe utile per i lettori conoscere i dettagli di quest’esperienza: come hai sottoposto la tua idea? Cos’è successo dopo? Insomma: ci racconti l’intero percorso, step by step?
Working Capital ha avuto il merito, in questi anni, di stimolare un dibattito quotidiano in rete sui come far nascere ed affermare le startup italiane; ha saputo spettacolarizzare l’innovazione e dimostrare, come dice Riccardo Luna, che “l’innovazione è sexy”. I fondi supportano le idee che stanno muovendo i primi passi, con semplicità e senza l’approccio aggressivo del Venture Capital. Noi abbiamo presentato il progetto nel Febbraio 2010 e abbiamo concluso l’accordo in Dicembre. In questo lasso di tempo pazienti.org si è consolidato -nel progetto e nel team- facendo tantissima strada con le sue forze; abbiamo pubblicato una prima piattaforma e ottenuto una grande risposta dei media perché abbiamo avuto la sfrontatezza di parlare di trasparenza, di meritocrazia, di collaborazione fra sanità e cittadini. Poi è giunto l’aiuto di Telecom che si è rivelato prezioso soprattutto nei primi mesi del 2011, un momento decisivo; non parlo solo di supporto economico, ma anche dell’impegno di Telecom a fare rete intorno alle startup sostenute. Ciò che contraddistingue positivamente Working Capital rispetto ad altri concorsi, secondo me, è che premia le idee, non i business plan: cioè la passione, la determinazione dei fondatori, piuttosto che numeri ben ordinati sulla carta, che poi hanno poco a che vedere con la realtà di lacrime e sangue con cui si misura chi prova a fare impresa in Italia.
Da semplice partecipante al progetto WKC, ne sei diventata il simbolo. I manifesti ti ritraggono come una sorta di Garibaldina Zero “colei da cui tutto ha avuto inizio”. Il tuo compito, in qualche modo, è quello di ispirare tutti coloro che hanno buona testa e buone gambe ma che -in questo momento- sono in preda allo sconforto. Vivere in un paese che -diciamolo- non presta grande attenzione all’investimento, alla ricerca, all’innovazione può condurre alla resa. Come ci si sente ad impersonare il sogno di “rifare l’Italia” e in che modo provi ad “ispirare” tutti gli innovatori del futuro che sono sul punto di abbandonare i sogni?
Io sono nell’arena come loro. La mia startup è nel mezzo del guado e deve cercare di raggiungere importanti obiettivi numerici. Non parlo da ex startupper che ha avuto successo e ha appena firmato una exit milionaria: faccio due lavori per potermi finanziare e lavoro 24/7 come ogni startupper che si rispetti, e questo vale per tutto il mio team. Ci misuriamo ogni giorno con le difficoltà economiche, burocratiche, fiscali, con cui si misurano tutte le startup. Nonostante questo, io mi diverto moltissimo e ogni sera quando vado a dormire non vedo l’ora che arrivi il giorno dopo per ricominciare: francamente, le polemiche che ci infliggono i media ogni giorno non mi interessano; a me interessa lavorare concentrata per raggiungere i miei obiettivi. Credo in questo di interpretare le sensazioni di ogni vero innovatore e startupper; noi non abbiamo tempo per pensare a cosa l’Italia deve fare per risolvere i nostri problemi. Siamo troppo impegnati a trovare soluzioni.
Le cronache risorgimentali parlano di un’Anita Garibaldi selvaggia, combattiva, indomita, bellissima. Nel 1840, appena diciannovenne, sfuggì per l’ennesima volta alle truppe imperiali brasiliane saltando a cavallo e lanciandosi nella foresta con in braccio il figlio appena nato, sopravvisse quattro giorni senza mangiare né bere, finché Giuseppe Garibaldi non la trovò. Morì a soli 28 anni, in Italia, dopo un’intera esistenza in prima linea. Oggi, probabilmente, le qualità necessarie ad una donna perché riesca ad imporsi in un mondo ancora profondamente maschilista devono essere le stesse. Quali sono le principali sfide che una donna deve affrontare per arrivare ai “posti di comando” di un’azienda? Quali le difficoltà?
Credo che la sfida più grande le donne debbano vincerla con se stesse, con la cultura matriarcale che ci caratterizza. Ci vuole un grande coraggio per non tirarsi indietro di fronte alle opportunità; le donne spesso rinunciano a investire sui propri sogni e le proprie passioni perché temono di fallire nella propria femminilità se si dedicano a questi obiettivi. Temono di non trovare un compagno che le apprezzi, di non essere delle buone madri, di dare meno spazio del dovuto alle esigenze della famiglia. Abbiamo il tasso minimo europeo di occupazione femminile, una carenza solo in parte imputabile alla scarsa presenza di asili. Io non credo di vivere in un mondo del lavoro maschilista, ma in uno scarsamente partecipato dalle donne: il problema è la dittatura culturale del mammismo all’italiana, che si tramanda di madre in figlia in una spirale dannosa sia per i figli che per le giovani donne.
In questi giorni si fa un gran parlare di “quote rosa” nei CdA delle aziende. Certo, sarebbe bello concorrere “ad armi pari”, ma persino la civilissima Norvegia ha dovuto ammettere che l’universo aziendale è restio a designare delle donne per le posizioni di comando, e si è vista costretta a dotarsi di questo strumento. I risultati sono stati sorprendenti: è stato dimostrato che la presenza di almeno 3 donne nel management di un’azienda fa la differenza tra successo e fallimento. Perché secondo te? Qual è il valore aggiunto apportato da una donna?
Le donne solitamente coniugano due abilità innate: una forte empatia e sensibilità insieme a un concreto pragmatismo. Questo permette loro di immedesimarsi meglio e capire il punto di vista dell’altro, trovando soluzioni pratiche più rapidamente. Detto questo io non credo siano una priorità le quote rosa né in Parlamento, né nelle aziende: la vera emergenza credo sia quella di svecchiare la classe dirigente. Sarebbe importante avere CEO e capi di Stato quarantenni – donne e uomini – per portare entusiasmo ed energie tipiche degli innovatori ai vertici decisionali e dare un’iniezione di vitalità al Paese: in Italia ci si arriva già vecchi e con la barba alle ginocchia.
Ma ora parliamo un po' del progetto in cui hai investito la maggior parte delle tue risorse negli ultimi anni. Com'è nato Pazienti.org?
Dal desiderio di dimostrare agli italiani che la rete è uno spazio libero e democratico a nostra disposizione, uno spazio che possiamo usare per collaborare a costruire una società che ci piaccia di più. Pazienti.org lo fa occupandosi del servizio pubblico più importante e vicino alle persone, quello che si prende cura della nostra salute: vogliamo costruire una sanità partecipata e più su misura del cittadino attraverso la cooperazione tra le strutture sanitarie e i propri utenti.
Quali sono le principali novità della versione che avete appena lanciato?
La novità più importante è la possibilità di cercare la struttura sanitaria più adatta alle proprie esigenze. Il nostro database, che cresce ogni giorno grazie all'aggiunta di nuove informazioni e opinioni, fornisce un elenco di strutture in base alle parole chiave inserite dall'utente. Cliccando sui risultati, si accede alla pagina dedicata a ciascuna struttura sanitaria, dove è possibile trovare tutte le informazioni utili e le opinioni di chi l'ha già sperimentata. In questo modo il cittadino può scegliere in modo consapevole dove farsi curare.
Secondo il tuo giudizio, a quale particolare caratteristica è ascrivibile il successo mediatico di Pazienti.org?
Credo che nel nostro Paese ci sia un grande bisogno di credere che una società diversa sia possibile: una società dove il valore del singolo sia rimesso in primo piano, dove non ci si senta più impotenti ma si abbia la possibilità di contare, di dire la propria e di influire su ciò che accade. Il successo di Pazienti.org è dovuto al fatto che i cittadini si sentono messi al centro dell'attenzione, perché noi ascoltiamo le loro storie, rispondiamo e cerchiamo di fare in modo che arrivino a chi eroga il servizio.
Il portale ha contatti diretti con le strutture ospedaliere italiane?
Si, abbiamo ricevuto già diversi contatti. Crediamo che le strutture sanitarie potrebbero trarre grandi vantaggi dall'utilizzare la nostra piattaforma come uno strumento di ascolto e di comunicazione con gli utenti: vorremmo che si innescasse una competizione virtuosa tra le diverse strutture per rispondere alle storie pubblicate sul sito. Da parte nostra c'è un preciso impegno a farci garanti di un dialogo rispettoso e costruttivo tra il mondo della sanità e i cittadini.
Pazienti.org vive in strettissima connessione con i social media. Qual è il valore aggiunto apportato da Facebook & Co?
Facebook e i social media sono uno mezzo potentissimo di comunicazione popolare ancora largamente inutilizzato e poco conosciuto dalle istituzioni. Noi vogliamo parlare alle persone utilizzando il loro linguaggio quotidiano, quello che usano 17 milioni di italiani su Facebook ogni giorno: la nostra pagina Facebook è il nostro "organo" ufficiale di comunicazione e prendiamo molto seriamente ogni "mi piace" dato dagli utenti agli articoli del sito. Questi strumenti sono per noi un termometro indispensabile di valutazione del nostro lavoro e di impostazione della strategia da seguire.
La maggior parte degli Over 65, potenzialmente molto interessati ad un portale dedicato alla salute, utilizzano poco internet. In che modo avete pensato di avvicinarli a Pazienti.org?
Pazienti.org è uno strumento importantissimo non solo per chi è paziente in prima persona, ma ancor più per chi si prende cura degli altri: mamme e papà, figli di genitori anziani, che di solito hanno più facilmente accesso alla rete. Presto avremo delle sezioni tematiche dedicate a queste esigenze, in particolare per tutti coloro che hanno in famiglia un anziano e non sanno come assisterlo al meglio: centri a cui rivolgersi, assistenza domiciliare, burocrazia, ecc. È un aiuto concreto per le famiglie italiane, un servizio che incarna perfettamente la nostra mission.
Il tratto distintivo di Pazienti.org sono le esperienze degli utenti. In un settore come quello della sanità, però, non sussiste il rischio che il parere di un "esperto" possa valere molto di più di quello di un utente comune?
Sono due realtà complementari e non certo in competizione tra loro. Internet cambia radicalmente la condizione dei pazienti e dei loro cari perchè non si è più soli e si può accedere rapidamente a informazioni che prima richiedevano ricerche capillari, disponibilità di soldi e molto tempo prezioso sprecato: ora ciascuno diventa protagonista della propria salute. Ma Internet non sostituisce l'esperienza e il dialogo diretto con lo specialista, lo affianca. La nostra piattaforma vuole proprio rappresentare l'unione di queste due realtà: la condivisione della "saggezza collettiva" e la possibilità di dialogo con le strutture sanitarie e con i medici.
Quali sono i progetti in cantiere?
Abbiamo da poco iniziato a lavorare su qualcosa che ci sta molto a cuore: utilizzare Internet per diffondere campagne sociali che sensibilizzino le persone a stili di vita sani, alla prevenzione delle malattie e alla loro diagnosi precoce. Vogliamo farlo con degli strumenti nuovi, partecipativi, divertenti. Siamo convinti che il gioco sia un meccanismo straordinario di unione e di apprendimento attraverso la rete. La campagna IoMiPalpo, che ha avuto molto successo in rete ed è stata condivisa già da oltre 13.000 persone su Facebook, è stato il nostro primo "esperimento": abbiamo usato un linguaggio di comunicazione nuovo, anche un po' provocatorio, per sensibilizzare le persone su un problema molto delicato, quello della diagnosi precoce del cancro al seno. La risposta del pubblico e le straordinarie testimonianze di vittoria sul cancro raccontate da molte donne sul sito in pochi giorni ci spingono a continuare su questa strada.
Inoltre, stiamo creando un modello innovativo che mixa i linguaggi della rete e della sua sostenibilità nel campo più importante di tutti: la salute del futuro, nostra e delle persone che amiamo. Vogliamo permettere a ciascuno di diventare protagonista della propria salute, superando la barriera che da sempre il sapere medico ha rappresentato. Vogliamo un sistema sanitario più sostenibile e basato sulla libera scelta del cittadino. Pazienti.org cresce giorno dopo giorno e diventa un progetto sempre più ambizioso: nei prossimi giorni verrà pubblicata la nuova piattaforma che stiamo terminando proprio in queste ore.
Dopo un anno di lavoro ed attività all’interno del progetto WKC, credo tu abbia una visione piuttosto chiara della situazione in cui versa il nostro paese dal punto di vista della ricerca, dell’innovazione, del progresso tecnologico e digitale. Da quello che hai potuto constatare, quale credi che sia il settore più carente, quello in cui c’è maggiore necessità di idee ed investimenti, e quale -invece- il settore in cui siamo più solidi, più forti e ormai pronti al salto di qualità?
Dobbiamo investire sullo sviluppo di tecnologie di e-governement che semplifichino la burocrazia, liberino le opportunità di sviluppo e migliorino la percezione dei cittadini dello Stato, rendendoli partecipi della cosa pubblica. Anagrafe online, cartella sanitaria elettronica, firma digitale sono solo alcuni esempi; lo stesso vale per le imprese, ci vogliono processi semplificati e digitalizzati che regolino la quotidianità. Aprire una società, gestirne la fiscalità, creare posti di lavoro: devono essere processi semplici, economici e digitali. Queste sono a mio avviso le priorità assolute.
Il settore in cui brilliamo? In rete si concentra molta qualità e creatività da parte dei giovani, che si traduce in uno scenario vivace ad esempio per le applicazioni online legate ai social networks; ma la competizione in campo digitale è globale e per affermarsi le startup italiane hanno bisogno di una rete di supporto che includa politiche aggressive, addirittura machiavelliche nello scenario internazionale. Oggi invece gli imprenditori sono soli e spesso vivono lo Stato come un ostacolo.
Quali sono secondo te le ragioni principali per cui in Italia l'attenzione verso i nuovi media e l'innovazione da parte delle istituzioni è minore rispetto ad altri Paesi?
Credo sia necessario lavorare per diffondere -nelle istituzioni ma soprattutto nell'opinione pubblica- la cultura digitale, che per me coincide con la cultura della democrazia partecipativa: da semplici spettatori i cittadini diventano protagonisti della società civile. Gli Italiani hanno capito che in rete trovano informazioni utili e acquisti convenienti, ma non hanno ancora colto il potere rivoluzionario di Internet. La vera rivoluzione mediatica sta nel fatto che non è più un piccolo gruppo di editori ad avere il potere di scegliere quali informazioni vengono pubblicate, chiunque può generare contenuti e diffonderli in rete attraverso strumenti sempre più interattivi. Pazienti.org vuole contribuire a diffondere la cultura della democrazia digitale dando agli italiani uno strumento per migliorare la sanità.
Quale vorresti che fosse il tuo futuro. Insomma, dovendo immaginarlo al meglio possibile, cosa vedi per te e per il tuo paese da qui a dieci anni?
Vedo un Paese che si osserverà meglio e capirà le proprie potenzialità, superando le divisioni. Le risorse del nostro territorio non sono sottoterra, sono sopra: nei secoli abbiamo costruito cose impossibili in un territorio bello e complesso. Se l’Italia è da sempre un riferimento culturale per il mondo vorrei che tornasse ad esserlo, anche ora che il mondo globale sembra spingerci verso modelli apparentemente opposti. Dall’Italia sono scaturiti i valori universali dell’Umanesimo e del Rinascimento: è da lì che dobbiamo ripartire, è questo che ci unisce e che ci rende unici al mondo.