L’Islanda scrive una nuova costituzione… via Facebook
Che il crowdsourcing (crowd = folla, moltitudine; outsourcing = esternalizzazione, approviggionamento esterno) si stesse affermando un po' ovunque era ormai evidente, ma che qualcuno se ne sarebbe servito per (ri)scrivere una costituzione era assai meno scontato. Accade nella piccola nazione islandese, dove i suoi 309.000 abitanti (o giù di lì) stanno collaborando via Facebook alla stesura di un nuovo testo costituzionale. I parlamentari della repubblica islandese, infatti, hanno deciso di voler sottoporre il documento al costante giudizio della popolazione che, tramite like e commenti potrà comunicare il livello del proprio gradimento rispetto alle decisioni prese dai suoi rappresentanti.
La costituzione islandese ha più o meno la stessa età di quella italiana. È stata promulgata nel giugno del 1944 e, da allora, è stata modificata sette volte.
Che i social network si prestassero naturalmente a diventare uno strumento ideale per l'esercizio della democrazia diretta lo abbiamo sempre saputo e, negli ultimi mesi, ne abbiamo avuto riprova un po' ovunque; persino nel nostro sonnacchioso paese che deve proprio al web 2.0 il trionfo dei referendum su acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento. Ma quello che sta accadendo in Islanda va oltre ogni più rosea aspettativa. Chiamare i cittadini a esprimere periodicamente e con costanza il proprio giudizio circa l'operato dei suoi rappresentanti dovrebbe essere una pratica adottata in ogni paese che intende fregiarsi del termine "democratico". Fermo restando l'utilità del principio di democrazia rappresentativa e la necessità di eleggere qualcuno che si occupi degli interessi del popolo, non è possibile smettere di confrontarsi con gli elettori per 5 anni prima di richiamarli in causa giusto un attimo prima delle nuova tornata elettorale.
Qualcuno dirà che tutto questo è possibile solo in un paese minuscolo come l'Islanda, in cui è facile gestire 300.000 persone, ma la maggior parte delle nostre città non arriva ai 300.000 abitanti. Il nostro non è un paese fatto di metropoli e il web dovrebbe potersi candidare a strumento (gratuito!) di partecipazione alla vita politica del paese. I comuni, tanto per cominciare, potrebbero aprire dei canali di dialogo diretto con i cittadini e non sarebbe poi così utopico immaginare che gli elettori facciano parte della vita amministrativa e politica del paese non solo per il limitato periodo elettorale.
L'Islanda lo ha fatto. Ed è il primo paese a servirsi di Internet per riscrivere la costituzione, il testo fondante di ogni nazione democratica, un testo la cui modifica dovrebbe essere approvata a larghissima maggioranza (se non quasi all'unanimità), e allora che c'è di meglio che chiedere ai cittadini "come volete cambiarla"? Quando si elegge un rappresentante politico, non si può sapere a priori che tipo di decisioni prenderà rispetto ad ogni singola problematica che si troverà ad affrontare nel corso del mandato, e un politico onesto dovrebbe chiedersi sempre se il suo operato rispetta la volontà popolare. Bene, in Islanda il problema lo hanno risolto così: chiedendo ai cittadini. Semplice, no?