Luca Colombo di Facebook Italia: “Sempre più giornali tengono d’occhio Analytics”. E la qualità?
Informazione e nuove tecnologie, un argomento che non smette mai di essere dibattuto soprattutto riguardo alla capacità della stampa tradizionale di reggere l'urto dei nuovi media e sapersi adattare e trasformare. Come sempre a scontrarsi sono ottiche diverse, entrambe condivisibili ma diametralmente opposte. Ad introdurle durante l'ultima edizione di State of the Net è stato Luca Colombo, country manager di Facebook Italia, che ha parlato di molti giornali che sempre più spesso osservano i risultati di analytics, (il tool per monitorare il traffico di un link) per stabilire la buona riuscita di una notizia. Naturalmente lo share di una news finisce poi per condizionare l'intera agenda del giornale, spalmato sui gusti e sul feedback degli utenti. Da una parte le testate rappresentano in sé un'azienda a tutti gli effetti, che comprensibilmente punta a raccogliere quanti più lettori possibili e ad accontentarli sulle loro esigenze.
D'altro canto buona parte del referral traffic di siti di informazione come Repubblica o il Guardian, come lo stesso Colombo ricorda, provengono dalla piattaforma di Menlo Park e Facebook mette continuamente in atto una politica di aggiornamento del proprio sistema cercando di disegnarsi sui gusti degli utenti. Il fine ultimo, si sa, è quello di “vendere” l'utente alla pubblicità, una scelta comprensibile sotto un'ottica aziendale sia per la piattaforma social, che sulla pubblicità ha messo su un impero, che per i quotidiani che valutano i “likes” come elemento di condizionamento per la linea editoriale. È davvero questa la giusta evoluzione della stampa tradizionale nei confronti delle nuove tecnologie? Il modo di fare informazione sta cambiando ma in molti casi non si tratta di un miglioramento.
Accalappiare quanti più lettori/consumatori significa inevitabilmente abbassare il livello qualitativo delle notizie; inoltre i giornali perdono inevitabilmente la loro capacità di condizionare l'informazione, di decidere a quali news dare maggiore risalto e visibilità e quali meno. Si tratta di una perdita enorme di potere da parte della stampa, oltre che un danno – va senza dire – per i lettori. Secondo Luca De Biase, anch'egli ospite al summit di Trieste, il problema nasce proprio dall'approccio massivo della pubblicità. Il giornalista sottolinea come il fatto che la sua efficacia venga misurata dal numero di click inneschi un meccanismo di rincorsa degli utenti che finisce inevitabilmente per livellare i prodotti che vengono offerti. Un approccio differente potrebbe essere quello di legare i ricavi pubblicitari alla vendita dei prodotti sponsorizzati (ad esempio il 10%), in modo tale che a dominare sarebbero originalità e personalizzazione piuttosto che massificazione.
Ad ogni modo il dibattito sull'informazione durante State of the Net solleva il velo sulla trasformazione “deviata” della stampa verso il mondo del digitale. Una conversione che potrebbe arricchire di molto il giornalismo tradizionale, grazie all'immediatezza ed alla multimedialità che solo la rete sa offrire ma che allo stesso tempo rischia di dare vita ad una rincorsa dove gli utenti sono sempre più consumatori e sempre meno lettori. Nulla di diverso da quanto accaduto qualche anno fa con l'avvento delle tv commerciali, un precedente di cui dovremmo tenere maggiore memoria.