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Stop alle app preinstallate sui telefoni: l’UE studia nuove regole per Apple e Google

In un pacchetto di misure per ora battezzato Digital Services Act, l’UE sta muovendosi per limitare il potere che le aziende hi tech statunitensi esercitano sulla vita digitale ed economica nel vecchio continente. I dati carpiti dagli utenti andranno condivisi con le aziende concorrenti e la pratica di preinstallare app sui dispositivi andrà limitata.
A cura di Lorenzo Longhitano
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In futuro, nell'Unione Europea, Google, Apple e Microsoft potrebbero avere meno controllo e influenza su quello che viene installato sugli smartphone con il loro stesso sistema operativo. È il risultato di una serie di regole che i legislatori UE stanno abbozzando in queste settimane con uno scopo preciso: ridurre il potere che le grandi aziende del panorama tecnologico statunitense esercitano su un settore cruciale per lo sviluppo economico dell'intero continente. A riferire del piano è stata l'agenzia Reuters: il pacchetto di misure è stato per ora battezzato Digital Services Act e mira a imporre limiti e regole a una serie di pratiche come la raccolta dei dati degli utenti che utilizzano i servizi di queste aziende e l'installazione preventiva di software all'interno di prodotti venduti a milioni di persone.

Quali sono le aziende colpite

Nel documento preliminare ottenuto da Reuters si parla di aziende gatekeeper, o custodi, in quanto possiedono in senso figurato le chiavi di servizi e prodotti considerati fondamentali nel settore dell'elettronica di consumo e delle piattaforme online. Alcuni esempi includono Google, con il suo onnipresente sistema operativo e con i suoi servizi di ricerca e posta; Apple con i dispositivi venduti e utilizzati in tutto il mondo; Amazon con una piattaforma di ecommerce che non ha rivali e Facebook con un social e un servizio di messaggistica utilizzato da miliardi di persone. In generale l'obbiettivo delle nuove regole sono multinazionali che hanno ormai il potere di schiacciare le rivali semplicemente in virtù della posizione acquisita.

Vietato sfruttare i dati degli utenti

Uno dei modi coi quali queste multinaizonali si rendono più competitive di chi minaccia la loro posizione è raccogliendo una infinità di dati sugli utenti che ne utilizzano i prodotti e i servizi, per poi utilizzarli per vendere loro prodotti o pubblicità mirate agli inserzionisti. Per questo motivo — riferisce Reuters — nelle regole in fase di stesura le aziende gatekeeper "non saranno autorizzate a sfruttare i dati raccolti sulle loro piattaforme per aprire canali di comunicazione privilegiati con i loro utenti, a meno che questi dati non siano condivisi con le aziende concorrenti". Nel mirino ci sono gruppi come Facebook, Google e Amazon— che vendono prodotti e pubblicità estremamente specifici basandosi sulle preferenze manifestate dai singoli utenti online.

Cosa succede sugli smartphone

Apple, Google e Microsoft sono invece i bersagli di una clausola che potrebbe cambiare il modo in cui milioni di utenti scaricano app sui loro smartphone, e che recita: "Le aziende gatekeeper non dovranno preinstallare in modo esclusivo le loro stesse applicazioni, né richiedere ad alcun produttore terzo di farlo". Il riferimento diretto è alle app che Apple, Google e Microsoft precaricano o fanno precaricare sui loro smartphone e computer, e che potrebbero dare a queste aziende vantaggi ingiusti sulle concorrenti che competono nei medesimi settori. Gmail, Safari, Edge, Google Maps, Chrome, FaceTime sono tutti software che chi acquista uno smartphone o un computer si trova già presente in memoria; ciascuna app contribuisce a mantenere gli utenti legati alle offerte di prodotti e servizi delle tre case californiane — il tutto a scapito di società che competono nello stesso settore.

Il destino degli store digitali

Tra queste app ce ne sono però tre di una categoria molto particolare: sono App Store, Play Store e Microsoft Store e sono i negozi digitali che rappresentano il metodo principale attraverso il quale si installano e si ottengono altre app su smartphone e computer. Sia Apple, che Google, che Microsoft detraggono una percentuale dei guadagni che gli sviluppatori ottengono dalla vendita delle loro app su queste piattaforme; il fatto che le app siano preinstallate sui dispositivi (e nel caso di Apple non siano sostituibili da alternative) assicura a queste aziende ricavi esorbitanti che sono preclusi ad eventuali concorrenti che volessero competere nel settore della distribuzione di app.

Se il Digital Services Act dovesse riferirsi anche agli store digitali, Apple, Google e Microsoft sarebbero costrette a modificare i loro sistemi operativi in modo sostanziale, lasciando spazio a negozi alternativi e portando a un potenziale abbassamento dei prezzi di app e servizi.

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