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L’Università di Washington è al lavoro su un’app che salva dall’overdose da oppioidi

Il software si chiama Second Chances e trasforma lo smartphone in un sistema sonar che quando attivato analizza la frequenza respiratoria di chi fa uso di queste sostanze. Se la situazione precipita, chiama automaticamente soccorsi che possano somministrare farmaci in grado di riportare la situazione alla normalità.
A cura di Lorenzo Longhitano
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(Foto: Mark Stone, University of Washington)
(Foto: Mark Stone, University of Washington)

Le morti per overdose da oppioidi sono tutt'altro che un ricordo confinato agli anni passati. In Italia — raccontano i dati raccolti dall'osservatorio di Geoverdose — il livello di guardia non va abbassato e negli Stati Uniti il fenomeno continua ad avere proporzioni endemiche. Per questo motivo un team di ricercatori dell'università di Washington ha sviluppato Second Chances, un'app per smartphone che può salvare la vita di molti riconoscendo i sintomi più pericolosi dell'overdose da oppioidi semplicemente analizzando il respiro dell'utente.

Quando aperta, l'app attiva un sistema sonar; emette cioè un flusso acustico impercettibile e analizza il rifrangersi delle onde sonore emesse nell'ambiente circostante per avere un'idea di massima di ciò che sta avvenendo in una stanza. Il sistema è sufficientemente preciso da riuscire a isolare il ritmo respiratorio di chi giace nelle vicinanze del telefono e tenerlo sotto controllo; in questo modo l'app può riconoscere due dei sintomi comunemente associati all'overdose — ipoventilazione e apnea — e nel caso chiedere immediatamente il soccorso di eventuali contatti disponibili a somministrare farmaci che se assunti in tempo possono riportare la situazione alla normalità.

Per riconoscere con precisione gli schemi respiratori più pericolosi senza lasciarsi ingannare, Second Chances è stata impiegata nel centro di auto-iniezione supervisionata di droghe a Vancouver, dove è stata messa alla prova e perfezionata monitorando le esperienze di 194 utenti della struttura; al termine del test l'app ha identificato correttamente il 96% delle crisi di arresto e l'87% dei casi di rallentamenti nel ritmo respiratorio. I ricercatori al momento stanno perfezionando l'interfaccia utente e lavorando ulteriormente per evitare che l'app rilevi falsi positivi, ma i risultati sono già promettenti. In un futuro prossimo l'app potrebbe contribuire concretamente nel mitigare le conseguenze nefaste di un fenomeno tutt'altro che sotto controllo.

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