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Opinioni

Manning, Hammond e i collaboratori “dimenticati” di Wikileaks

Oltre ad Assange, sono tanti gli attivisti perseguitati o incarcerati per aver collaborato al progetto di Wikileaks. In occasione dei 10 anni dalla fondazione, ricordiamo alcuni nomi poco noti.
A cura di Daniele Gambetta
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Il 4 ottobre del 2006, esattamente 10 anni fa, venne fondata l'organizzazione internazionale Wikileaks, che da allora ha fatto tanto parlare di sé. Julian Assange, programmatore, giornalista e cofondatore del progetto, è sicuramente una persona dotata di grande carisma e di una personalità complessa, che pur permettendogli di catturare un consenso pubblico durante questo suo periodo difficile, ha indotto il discorso mediatico a concentrarsi più sulla sua figura personale piuttosto che, eventualmente, sulle peculiarità del progetto di Wikileaks. Così come è giusto raccontare i mesi di "reclusione" di Assange e denunciare le condizioni cui si trova a vivere a seguito della sua attività politica, così è doveroso ricordarsi di tanti altri attivisti ora perseguitati o in carcere, senza i quali Wikileaks non sarebbe stato possibile. Nomi come Chealsea Manning, Jeremy Hammond e tanti altri, sono nomi poco noti alle cronache, ma che ci ricordano che Wikileaks, prima di tutto, è un progetto collettivo di scala globale.

Chealsea Manning, nata di sesso maschile come Bradley Manning, è una militare e attivista statunitense con cittadinanza britannica. Manning è stata probabilmente il soldato americano che ha permesso la più massiva fuga di notizie nella storia dell'esercito americano, accusata di aver consegnato a Wikileaks decine di migliaia di documenti durante il suo incarico di analista di intelligence in Iraq. A seguito della condanna è stata arrestata, imputata di reati contro la sicurezza nazionale e detenuta nel carcere militare di Quantico (Virginia) in condizioni considerate non rispettose dei diritti umani, scatenando un acceso dibattito internazionale. Nell'agosto 2013 è stata condannata a 35 anni di carcere. A inchiodare Manning sarebbe stata una soffiata di un altro hacker, Adrian Lamo, rivoltosi all'FBI per consegnare una conversazione via chat nella quale Manning, fidandosi di lui, confidava di aver passato documenti riservati ad un attivista australiano: Julian Assange. Tra i materiali condivisi compariva anche il cosiddetto Collateral Murder, un video in cui due elicotteri Apache americani attaccano 12 civili disarmati uccidendoli. Immediatamente Manning viene arrestata e portata in custodia in Kuwait per due mesi. Poi, il 29 luglio 2010, trasferita a Quantico. Dopo aver rischiato la pena di morte per connivenza con il nemico (accusa dalla quale è poi stata assolta), il 21 agosto 2013 Manning è stata condannata a 35 anni, per 20 dei 22 capi d'accusa originali, tra i quali diffusione di notizie coperte da segreto e possesso di software non autorizzato.

Un altro caso, forse ancora meno noto, è quello di Jeremy Hammond, attivista statunitense che nel novembre 2013 è stato accusato e condannato a 10 anni di carcere per violazione dei sistemi di sicurezza dell'agenzia Stratfor e aver diffuso informazioni riservate tramite Wikileaks. I documenti sottratti da Hammond ed altri collaboratori sono per lo più messaggi di posta elettronica scambiati dai membri dell'azienda dal luglio 2004 al dicembre 2011, e rivelano l'impiego da parte di Stratfor di reti di informatori, pagamento di tangenti e tecniche di riciclaggio di denaro. Insieme a Hammond furono in sei gli attivisti incriminati. Gli arresti furono resi possibili soprattutto grazie ad un ex-membro di Anonymous, Hector Xavier Monsegur, noto sul web con il nome di "Sabu" e divenuto informatore dell'FBI. Attualmente Hammond sta scontando la sua pena nel Federal Correctional Institution di Manchester, in Kentucky.

Oltre a questi due nomi, sono tanti, e forse di numero difficile da calcolare, tutti i collaboratori, attivisti, hacker che permettono un'impresa come Wikileaks. All'inizio del 2011 una quarantina di attivisti sono finiti in carcere in Francia e Gran Bretagna per gli attacchi ai siti di Amazon, PayPal e Mastercard, che a loro volta avevano boicottato Wikileaks bloccando i finanziamenti dei sostenitori al progetto. Ad essere arrestati anche molti minorenni, che avevano partecipato ad un attacco DDoS, una pratica hacker dalle poche competenze tecniche richieste e che permette di simulare un alto numero di collegamenti, rendendo un sito inaccessibile. Ironicamente, mentre da un lato il Dipartimento di Stato americano e i paesi europei si mostravano contrari alla repressione dei governi tunisini ed egiziani, dall'altro l'FBI mandava in carcere chi stava provando ad aiutare concretamente i cittadini nordafricani a superare le barriere della censura governativa. Svelare le ipocrisie e le contraddizioni dei paesi considerati democratici, anche questo è il grande risultato che dobbiamo a quel lavoro collettivo che è Wikileaks.

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