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Un’intelligenza artificiale potrebbe prevedere i terremoti

Un gruppo di ricerca del Los Alamos National Laboratory del New Mexico sta sviluppando un’intelligenza artificiale che grazie al machine learning potrebbe aiutare nel riconoscimento di segnali utili a prevedere un terremoto.
A cura di Daniele Gambetta
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Come viene fatto notare ogni volta che un sisma colpisce un territorio o una città, i terremoti sono tra i fenomeni naturali più imprevedibili nonostante le tante ricerche, utili per lo più a studiare metodi efficaci di prevenzione nelle zone a rischio. Ora qualcosa potrebbe cambiare. Un gruppo di ricerca del Los Alamos National Laboratory del New Mexico, guidato da Bertrand Rouet-Leduc, ha iniziato a sviluppare un'intelligenza artificiale che grazie al machine learning potrebbe aiutare nel riconoscimento di segnali utili a prevedere un terremoto.

Per machine learning, o apprendimento automatico, si intende un processo grazie al quale, dopo aver dato in pasto una grossa mole di dati ad un programma specifico, questo ne apprende la struttura, crea collegamenti (pattern), letteralmente imparando ad analizzarli in modo da poter riconoscere elementi da dati inseriti successivamente. Nel caso in questione, i ricercatori hanno creato terremoti in laboratorio con una faglia artificiale che riproduce le caratteristiche del terreno. Generando pressioni e spostamenti, hanno quindi registrato i suoni e gli scricchiolii prodotti.  "A volte la semplice messa in pressione può determinare onde acustiche, anche senza dislocazione" – precisa Carlo Doglioni, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – "i minatori mi raccontavano di sentire scricchiolare la roccia prima del cosiddetto colpo di tetto. Prima cioè del crollo della volta".

Ascoltando le onde acustiche il software è riuscito a trovare le concatenazioni di causa-effetto, riuscendo a prevedere le scosse, eseguite dai ricercatori senza regolarità, prima che si manifestassero. "L'analisi fatta grazie all'apprendimento della macchina suggerisce che il sistema emette una piccola ma crescente quantità di energia durante tutto il ciclo di stress" – scrivono gli scienziati nel loro paper – "prima di rilasciare all'improvviso l'energia accumulata quando si verifica lo scivolamento". A breve il programma verrà usato sul campo in territori soggetti a scosse frequenti, e le aspettative sono alte. "Qualsiasi modello analogico ha dei limiti" – conclude Doglioni – "ma questo approccio merita attenzione.”

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