Media distratti e startupper invisibili
Fin dalla nascita della nostra testata abbiamo concentrato la nostra attenzione principalmente sul mondo delle startup italiane, intervistando decine di giovani imprenditori in giro per l'Italia per conoscere la loro storia, il loro passato e i progetti per il futuro. Ascoltare la voce di chi vive ogni giorno le difficoltà di emergere nel risicato mercato italiano è una cartina tornasole più che efficace per conoscere il vero stato delle startup nostrane, e tra le tante "lamentele" ascoltate ce n'è una che risulta particolarmente ridondante, ovvero il limitato interesse da parte dei media verso il made in Italy, a differenza dell'estero dove le giovani imprese godono di maggior copertura. Da giornalista faccio un mea culpa e chiedo venia per la mia incapacità di conoscere ogni aspetto e protagonista della scena imprenditoriale emergente ma allo stesso tempo non posso non rilevare una certa tendenza degli startupper azzurri a fare di tutto per rendersi introvabili.
Mi capita spesso, davanti ad eventi come Working Capital o Wind Business Factor, di imbattermi in una lunga lista di startup con cui mi piacerebbe dialogare e conoscerne la storia, un servizio di interesse per i lettori e per quanti si occupano del settore ed una preziosa occasione per i giovani imprenditori per far conoscere la propria idea ed ottenere visibilità. Buone intenzioni a parte però, puntualmente mi trovo davanti ad innumerevoli difficoltà per riuscire ad ottenere un misero contatto.
Immancabile è il profilo su LinkedIn, dove tutti mostrano orgogliosamente l'elenco delle attività di cui sono CEO, CIO, CTO e così via; nulla di male, le proprie esperienze vanno espresse giustamente con orgoglio, ma anche qui le possibilità di mettersi in contatto sono affidate solo alla messaggeria del social network che generalmente non è utilizzato in maniera quotidiana. Per quello che riguarda Facebook e Google +, il discorso si complica ancora di più. Nella stragrande maggioranza dei casi i profili non offrono informazioni di contatto (la mail, questa sconosciuta) e molto spesso manca anche qualsiasi riferimento alla propria azienda, (quasi a vergognarsene), figuriamoci un numero di telefono. L'omonimia poi, crea il rischio che si finisca per chiedere un'intervista ad un quindicenne amante della techno.
Quasi del tutto assente invece, nella mente degli italici startupper, l'idea di una pagina web di contatti personali (gratuita e realizzabile in 15 secondi), un metodo che probabilmente potrebbe tornare utile a chiunque abbia bisogno di contattarli, anche se il top forse lo raggiunge una delle startup che parteciperà ad un noto evento che si terrà a settembre, della quale perfino Google non ha mai sentito parlare. L'unica ancora di salvezza sembra essere Twitter ma si tratta certamente di un metodo poco funzionale per chi cerca un contatto privato.
In un modo o nell'altro il contatto con il giovane startupper alla fine si riesce ad ottenere e le numerose interviste che abbiamo pubblicato ne sono una testimonianza ma a fronte di difficoltà incomprensibili se pensiamo che questi giovani imprenditori sono in fase di lancio ed avrebbero solo da guadagnare nel presentarsi ad una platea di investitori che magari conoscono già la loro storia. Forse i media italiani non danno il giusto risalto alle startup e ai loro founder, ma di sicuro quest'ultimi si impegnano davvero poco per essere conosciuti.
Cari startupper, siamo comunque a vostra disposizione per conoscere la vostra storia e raccontarla ai nostri lettori, potete contattarci alla nostra mail (tech@fanpage.it)!