Megaupload, salta il processo a Kim DotCom. La Nuova Zelanda nega l’estradizione
Dura lex, sed lex. La stessa legge in nome della quale alcuni mesi fa l'FBI ha chiuso l'impero di Megavideo ora rischia di ritorcersi contro gli stessi accusatori che vedranno il loro lavoro svanire nel nulla a causa di alcune inadempienze procedurali. Il processo a KimDotCom non si farà, per il semplice motivo che il reato non è stato compiuto nel territorio degli Stati Uniti. Per questo motivo, l'FBI non ha potuto fornire alla magistratura neozelandese (che ha proceduto all'esecuzione del mandato spiccato dalle autorità americane) le carte che dimostrerebbero il reato compiuto dal celebre hacker, tanto da far ammettere allo stesso giudice incaricato delle indagini “non so proprio se riusciremo mai ad avere un processo”.
Del resto Kim non è certo uno sprovveduto; la sua residenza è in Nuova Zelanda e il servizio è basato ad Hong Kong. Nulla a che vedere con gli Stati Uniti quindi, che fin dall'inizio sono stati criticati per il loro intervento ritenuto da molti al di fuori del diritto internazionale. E questa non è che la prima delle difficoltà che il processo dovrebbe superare per andare in porto; la polizia neozelandese non ha richiesto le giuste autorizzazioni per i sequestri operati nei confronti dell'impero Megavideo, il che potrebbe bloccare il procedimento nella terra dove risiede il furbo (e fortunato) Kim. Gli Usa premono per poterlo processare in patria ma le accuse mosse nei suoi confronti dalla magistratura neozelandese (massimo 4 anni per violazione del copyright) sono insufficienti per concedere l'estradizione (ne servono almeno 5).
Insomma errori procedurali, stretti vincoli delle leggi internazionali e una buona dose di fortuna potrebbero portare presto Kim DotCom in libertà e con lui il suo immenso archivio ospitato su oltre 1100 server in tutto il mondo. Di certo ad uscirne con le ossa rotte è l'FBI e il Dipartimento di Stato americano ma soprattutto le major cinematografiche e musicali che avevano “spinto” l'azione nei confronti di Megavideo, accusato di aver sottratto con la sua attività qualcosa come mezzo miliardo di dollari al copyright e al tempo stesso incassato oltre 175 milioni di dollari provenienti dalla pubblicità sul sito e dagli abbonamenti degli utenti.