Michael Moore paga la cauzione ad Assange ed ospita Wikileaks sui suoi server
Nella mattinata di ieri, dalle pagine dell'Huffington Post, Michael Moore ha annunciato di essere disposto a contribuire con 20.000 dollari del proprio denaro al pagamento della cauzione per Julian Assange. Un gesto tutt'altro che superfluo o di facciata, considerato che gli avvocati dell'hacktivist australiano si sono serviti anche della dichiarazione giurata di Moore per fornire le necessarie garanzie alla giustizia inglese. L'amato-odiato regista di Farenheit 9/11, però, non si è fermato a questo, ma ha dichiarato di voler concedere a Wikileaks tutto il supporto tecnico necessario perché possa continuare ad informare gli utenti (server, dominio, sito web). Il risultato? Assange è fuori su cauzione, verrà processato l'11 gennaio e, per intanto, gli è stato imposto un braccialetto elettronico alla caviglia; casomai dovesse sentire il bisogno impellente di fuggire per reiterare il "comportamento sessuale scorretto" che lo ha portato in galera, e che si configura come reato in un unico paese in tutto il mondo, la Svezia. E' bene chiarire questo punto, giacché sono ancora moltissimi i media che -in riferimento al reato di cui Julian Assange è accusato- continuano a parlare di stupro, quando in realtà dovrebbero parlare di "mancato utilizzo di protezioni nell'ambito di un rapporto sessuale consenziente".
Le ragioni del supporto morale e materiale offerto da Michael Moore ad Assange sono facilmente intuibili. Da accanito detrattore della guerra in Iraq, Moore non poteva far altro che sostenere le attività di Wikileaks, le quali si sono prevalentemente concentrate sull'obiettivo di raccontare la verità su quanto sta accadendo in Iraq e in Afghanistan. Il famoso regista è arrivato addirittura ad affermare che se nel 2002 fosse esistito Wikileaks i "creatori" della guerra in Iraq (George Bush, Colin Powell, Dick Cheney, Condoleeza Rice, Sarah Palin…), gli inventori dell'inesistente casus belli (le famose "armi di distruzione di massa") non l'avrebbero fatta franca così facilmente, non avrebbero potuto ingannare milioni di persone con la spudoratezza delle loro bugie, e le reali intenzioni del governo sarebbero state smascherate prima che migliaia di persone innocenti perdessero la vita in nome di un cumulo di menzogne. E così, mentre i politici statunitensi coinvolti nel conflitto iracheno provano a smarcarsi dicendo che "Julian Assange è un elemento anti-americano con le mani coperte di sangue" (parola di Sarah Palin, la quale ha recentemente sparato ad un caribou "per gioco" e in diretta nazionale), ci sono molte persone convinte del fatto che sia il reato in sé a macchiare di sangue le mani delle persone coinvolte, e non la sua scoperta. Non è stata la verità ad uccidere, ma la menzogna spudorata e reiterata.
Lo stesso Moore, all'interno dell'editoriale attraverso cui ha espresso il suo sostegno all'attività politica di Julian Assange, ha ricordato un triste episodio della storia statunitense risalente al 1964, all'alba del massiccio coinvolgimento USA nella guerra in Vietnam. Il governo statunitense mentì, anche allora, sulle ragioni del conflitto, dichiarando di aver subito un attacco vietnamita nel golfo di Tonkin e di "essere costretto" a rispondere alla forza con la forza. 58.000 soldati statunitensi morirono per quella bugia, per non parlare dei due milioni di vittime vietnamite. Tutti morti per una bugia. Cosa sarebbe accaduto se fosse esistito Wikileaks? Si può morire "per" la verità, ma quasi mai questo accade "a causa" della verità. E se capita, è solo perché -prima- qualcuno si è preoccupato di nasconderla quella verità, ed è su di lui che piove il sangue versato. Indicare il reato non è una colpa, compierlo sì.
In ogni caso, siamo assolutamente certi che la nuova, strana coppia Moore-Assange provocherà non pochi pruriti ai politici statunitensi (repubblicani in particolare, ma non solo). Specie se, come si spera, le accuse rivolte al leader di Wikileaks si riveleranno una ridicola montatura internazionale che poggia su un reato pressoché inesistente. La pena prevista in Svezia per "condotta sessuale scorretta" (che consiste nel non indossare il preservativo) equivarrebbe ad un'ammenda monetaria pari a 750 dollari. Eppure Assange ne ha già dovuti sborsare 315.000 solo per poter uscire di galera, quando il reato commesso non prevederebbe neppure un singolo giorno di carcerazione. Se questa non si chiama persecuzione politica, ditemi voi cos'è.