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Morire per un selfie: negli ultimi anni è successo a 259 persone

Nel Rapporto Italia 2019 dell’Eurispes si citano i dati raccolti dall’India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi che descrivono un fenomeno in ascesa. L’annegamento è la causa di morte più comune seguita dagli incidenti con mezzi di trasporto, mentre la maggioranza assoluta delle vittime ha meno di 30 anni.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Selfie guida

Scattarsi un selfie può essere fatale se fatto in circostanze pericolose; le notizie di autoscatti finiti in tragedia affiorano di quando in quando tra le notizie di cronaca, ma a ricordare le conseguenze di comportamenti simili ci sono i numerosi casi di morte documentati dall'India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi e dovuti proprio a disattenzioni provocate dalla smania di immortalarsi in situazioni estreme. In questo modo — si legge nella denuncia ripresa dal Rapporto Italia 2019 dell'Eurispes — nel mondo sono infatti morte 259 persone negli ultimi 6 anni, la maggior parte delle quali giovani sotto i 30 anni.

Le statistiche

I dati forniti dall'istituto indiano parlano di 76 vittime tra i 10 e i 19 anni e di ben 106 morti tra i 20 e i 29. Il conto si abbassa poi all'aumentare dell'età presa in considerazione, per arrivare a 20 vittime nella fascia d'età compresa tra i 30 e i 39 anni e a un totale di 5 al di sopra di questa soglia — per un totale di 153 uomini e 106 donne. L'annegamento è stata la causa di morte che ha mietuto più vittime (70), seguita da incidenti relativi a mezzi di trasporto (51), cadute, (48), ustioni (48), folgorazione (16), ferite da arma da fuoco (11) e da attacchi di animali selvatici (8).

Oltre ai numeri

La pubblicazione del rapporto (che in realtà risale al 2018) è stata l'occasione per molte testate di parlare di "emergenza mondiale" e di "centinaia di vittime", mentre alcuni si riferiscono ormai a questi autoscatti con il termine killfie. Il fenomeno purtroppo è in ascesa e va tenuto sotto controllo, ma 259 vittime in 6 anni in tutto il mondo non costituiscono sicuramente un allarme sociale, soprattutto se paragonate a qualunque altra causa di morte. Si tratta però di numeri che fanno comunque specie se rapportati al fatto che si riferiscono a vite spezzate in conseguenza di atti volontari e comunemente associati a leggerezza e spensieratezza.

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