Nessuno vuole l’Instagram dei bambini: “La loro salute è a rischio”
Contro l'Instagram dei bambini sognato da Mark Zuckerberg e dal gruppo Facebook si stanno schierando ormai in molti. A osteggiare il progetto del social dedicato ai minori di 13 anni svelato poche settimane fa non ci sono più ci sono più solamente l'opinione pubblica e le associazioni dei genitori, ma da ieri anche i procuratori generali di 44 Stati e territori degli Stati Uniti. I loro rappresentanti hanno inviato a Facebook nella giornata di ieri una lettera aperta, nella quale il social viene invitato ad abbandonare l'idea: la tesi della missiva è che la piattaforma in cantiere potrebbe avere effetti gravi sul benessere e la privacy dei nuovi utenti.
La soluzione a un falso problema
Del progetto si parla ormai da marzo, quando era stato portato alla luce da Buzzfeed e poi confermato dallo stesso gruppo Facebook. L'idea fatta passare dalla multianzionale è che il nuovo social sia un posto dove gli utenti più piccoli possono passare il proprio tempo tra contenuti pensati per loro, e lontani dalle minacce poste da social senza particolari restrizioni nella tipologia di contenuti ospitati altrove.
In un intervento al congresso, lo stesso fondatore di Zuckerberg aveva affermato come spesso i bambini accedessero ugualmente ai suoi social mentendo sulla loro età; secondo questo ragionamento un Instagram pensato per loro dovrebbe mantenerli su una piattaforma sicura, ma la realtà non è necessariamente così lineare. Con il progetto in cantiere, affermano i procuratori nella loro lettera aperta, "Sembra che Facebook non stia rispondendo a un'esigenza ma creandone una dal nulla, dal momento che il nuovo portale si rivolge principalmente a persone che non dovrebbero avere accesso a un account Instagram".
Perché Facebook vuole procedere lo stesso
Facebook ha già affermato di voler procedere ascoltando i pareri degli esperti e di non voler vendere pubblicità sul social che ha in cantiere, ma questo non vuol dire che nell'operazione non risieda un interesse a lungo termine. Innanzitutto un social simile potrà comunque registrare informazioni preziose come le preferenze e i comportamenti dei piccoli utenti, per elaborare il tutto e trasformarlo in informazioni utili a scopo commerciale negli anni successivi. Con un sistema del genere, il gruppo Facebook potrebbe sapere già a cosa sono appassionati bambini e ragazzi fin dall'istante in cui passeranno alla versione regolare di Instagram; a quel punto saprà anche quali annunci sarà più remunerativo proporre loro. La seconda ragione è che fornire uno pseudo social ai bambini in tenera età può abituarli fin da piccoli ai meccanismi propri del social, e soprattutto a desiderare di far parte di Instagram non appena avranno l'età giusta per farlo.
I rischi per i bambini
Oltre ad abituarsi a una vita sui social fin da bambini, i rischi individuati per i nuovi utenti sono numerosi. Nella lettera inviata a Facebook, i procuratori citano studi di ricercatori e scienziati nei quali si evidenzia come Instagram sfrutti la paura di rimanere tagliati fuori e il desiderio di approvazione per incoraggiare gli adolescenti a controllare il loro smartphone sempre più spesso. Il peso dato all'apparenza, alla presentazione di sé e al branding all'interno dell'app – continuano gli autori – rappresenta rischi per la privacy e il benessere di eventuali minori iscritti. Uno degli studi citati sottolinea infine come essere costantemente sottoposti ai selfie altrui diminuisca sia l'autostima che l'appagamento per le proprie attività.
Scontro all'orizzonte
La lettera inviata a Facebook non ha potere legale, ma preannuncia ciò che potrebbe succedere se il gruppo Facebook procederà davvero con il progetto come ha annunciato di voler fare. Negli Stati Uniti infatti una legge federale protegge i minori online con misure più severe rispetto a quelle in vigore per la protezione dei dati e del benessere dei cittadini maggiorenni (come del resto avviene in Europa): la missiva inviata in questi giorni equivale a una presa di posizione precisa da parte delle procure degli Stati coinvolti, in difesa dei diritti dei più piccoli e con le orecchie puntate sul nuovo social in fase di lavorazione.