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Nomine AgCom, caos in Parlamento

IDV e Radicali protestano per la spartizione dei partiti sulle poltrone dell’authority. Durissimo l’attacco di Vendola al PD: “Complici dei vecchi sistemi di potere”.
A cura di Angelo Marra
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Come ampiamente previsto le nomine AgCom stanno causando la solita bagarre tra le aule del Parlamento. La discussione non è tanto su questo o quel nome quanto sulla logica adottata per la scelta dei consiglieri (la nomina del Presidente tocca a Monti); a scontrarsi da una parte le spartizioni politiche tra PD, PDL e UDC, dall'altra chi chiede a gran voce che ai vertici di un organismo così importante vengano messe persone lontane da influenze e condizionamenti politici e preparate dal punto di vista curriculare. I curricula, appunto, l'iniziativa promossa dal Presidente Fini per certificare la competenza in materia e dare trasparenza alle candidature. Nobili intenti ma la stessa melina all'italiana, con il prevedibile finale con l'inciucio e i partiti minori, Fli, Idv, Radicali e Sel sul piede di guerra denunciando accordi sottobanco e logiche da vecchi sistemi. I primi a dare battaglia sono stati i Radicali, che insieme a Di Pietro hanno annunciato che non avrebbero partecipato alla votazione per protesta contro le spartizioni di poltrone. Nello specifico Belisario (Idv) parla apertamente di “concorso truccato” e dichiara:

Il Gruppo Idv al Senato non intende prestare il fianco alla buffonata del voto per i componenti delle Authority, un'autentica presa per i fondelli da parte delle forze politiche che hanno già deciso chi eleggere senza neanche consultare i curricula dei candidati. L'elezione per il rinnovo di Agcom e Garante della Privacy, fatta in questo modo, non ha nulla da invidiare ad un concorso truccato, dove i posti si assegnano ai protetti e ai raccomandati dei partiti. Per questo abbiamo abbandonato l'Aula, non partecipiamo alla spartizione delle poltrone e non riconosciamo all'operato del Parlamento trasparenza nè autonomia"

Dello stesso avviso è anche Enzo Raisi, deputato di Futuro e Libertà nonché sostenitore della candidatura di Stefano Quintarelli, che ha dichiarato alla stampa:

“Non condivido la decisione attraverso la quale i vari partiti hanno indicato i candidati da votare per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AgCom), per il Garante per la protezione dei dati personali e per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, ci sono infatti ancora logiche partitiche che non rispettano i criteri di professionalità che oggi più che mai ci vengono richiesti giustamente dalla società civile. Personalmente, esprimerò solo un voto che è quello di Stefano Quintarelli all'Agcom”.

Molto duro l'attacco di Nichi Vendola verso il PD, accusato di aver preferito logiche partitiche alle indicazioni provenienti dalla società civile. Al tal proposito ha affermato:

“C'è stata complicità da parte del Pd con i vecchi sistemi di potere nelle scelte fatte sul lavoro e in particolare sui commissari Agcom. Tutto quello che è success non è stato un incidente di percorso per il Pd, ma una rottura rispetto a tutti i codici democratici. Non è accettabile l'anomalia italiana nel mondo che ipoteca il pluralismo del sistema informativo.

Più prevedibile la scelta da parte del Pdl che punta a due consiglieri su quattro; dopotutto l'AgCom si troverà a dover affrontare anche la questione delle frequenze tv, argomento che condizionerà pesantemente il settore televisivo e quindi Mediaset.

Intanto le votazioni procedono anche se sono molte le assenze in aula, sia tra quelli che hanno annunciato che non voteranno, sia deputati e senatori di Pdl, PD e gruppo misto, come La Russa o Tremonti

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