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Ora i robot si riproducono: questi xenobot possono dare vita a nuovi organismi

Dopo l’introduzione avvenuta l’anno scorso, i microscopici organismi programmabili hanno dimostarto di sapersi riprodurre dando vita a creature simili ai genitori.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Si chiamano xenobot e per gli scienziati sono i primi robot viventi capaci di riprodursi autonomamente, se configurati nel modo giusto. La loro esistenza si deve a un team formato da ricecatori di Università del Vermont, Tufts University e Harvard, che li hanno realizzati partendo da cellule staminali di una rana acquatica dell'Africa, lo xenopo liscio; negli ultimi sviluppi della loro ricerca, gli studiosi hanno dimostrato che le cellule prelevate da questa specie si possono programmare in modo tale da riprodursi con metodologie finora mai osservate in natura.

Cosa sono gli xenobot

Il termine xenobot deriva proprio dalla specie utilizzata come fonte delle cellule staminali alla base del progetto. In effetti i robot oggetto della ricerca non sono dispositivi a base di metallo, plastica e silicio come abitualmente dipinti dalla fantascienza e dal progresso tecnologico attuale, bensì sono masse cellulari di dimensioni microscopiche che assemblate chirurgicamente con pinze ed elettrodi raggiungono al massimo un millimetro di diametro.

Gli xenobot sono realizzati esclusivamente a partire dal materiale organico ottenuto dei campioni originali, ma il processo di ingegnerizzazione permette di far assumere loro comportamenti particolari: l'anno scorso gli scienziati avevano dimostrato che queste cellule avevano la capacità di muoversi, coordinarsi tra loro e guarirsi a vicenda, guadagnandosi la definizione di robot in senso esteso – intesa come soggetto in grado di compiere un lavoro su istruzione altrui.

La riproduzione dei robot

Nello stadio più recente del loro lavoro, gli studiosi hanno scoperto che in particolari configurazioni cellulari gli xenobot possono riprodursi. In particolare gli organismi sono stati condizionati a crescere assumendo una forma che ricorda la lettera C e, una volta lasciati liberi di muoversi, hanno iniziato a collaborare tra loro per accumulare le altre cellule staminali presenti nell'ambiente e compattarle tra loro. Questo materiale, lasciato in incubazione, finisce con il dare vita a nuovi organismi con le stesse proprietà fondamentali dei genitori.

Dal momento che la forma imposta agli xenobot ha una forte influenza sul loro movimento e comportamento, si può affermare che proprio la particolare sagoma a forma di C rappresenta la loro programmazione. La novità scoperta influisce sull'utilità che gli organismi programmabili potrebbero avere in futuro, in ruoli come il trasporto di molecole farmacologiche all'interno del corpo umano o nella raccolta di microplastiche negli oceani.

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