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Pedopornografia, aumentano i casi: 2 su 3 passano da Messenger

Secondo un’inchiesta del New York Times non ci sono soltanto dark web e VPN tra gli strumenti utilizzati dai criminali per scambiarsi questo tipo di materiale. Messenger, Dropbox e molti altri servizi e prodotti utlizzati da chiunque facilitano ogni anno un interscambio da 45 milioni di video e foto.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Blitz Pedopornografia

Quella della pedopornografia online è una piaga che infesta la Rete fino a quasi dalla nascita, ma negli ultimi anni il fenomeno sta vivendo un periodo di prosperità. I criminali che si scambiano materiale pornografico che coinvolge minori del resto non si rifugiano esclusivamente nel dark web, ma spesso utilizzano servizi alla portata di chiunque: lo ha denunciato il New York Times, riportando la testimonianza di fonti stando alle quali in due casi su tre il materiale di questo tipo passerebbe addirittura dalla piattaforma di messaggistica istantanea Facebook Messenger.

La testata ha pubblicato in queste ore un'inchiesta frutto del lavoro di mesi, nella quale si apprende che dei 18,4 milioni di casi di scambio di materiale pedopornografico online emersi in tutto il mondo l'anno scorso, ben 12 milioni hanno visto per protagonista la piattaforma di messaggistica istantanea collegata a Facebook. Il problema non è però chiaramente limitato a Messenger. In generale – racconta il New York Times – l'esplosione dei social, dei forum, dei sistemi di archiviazione in cloud e delle capacità dei motori di ricerca hanno contribuito enormemente alla crescita di questo fenomeno.

Nell'ultimo anno del resto le società hi tech negli stati uniti hanno denunciato un giro di scambio sulle proprie piattaforme da ben 45 milioni di foto e video di abusi nel solo 2018, mentre nel 2008 non arrivava nemmeno a un milione. E se già allora il numero aveva portato gli Stati Uniti a varare una legge specifica per contrastare il fenomeno, è chiaro a questo punto che la messa in atto della normativa non ha avuto l'effetto desiderato. Anzi, le forze dell'ordine e le autorità preposte a mettere un argine al fenomeno sarebbero a un punto di rottura. Le cifre in realtà sono aumentate anche perché gli strumenti delle aziende per intercettare e denunciare simili abusi sono migliorati, ma d'altro canto è innegabile che grazie all'utilizzo di canali di comunicazione così efficienti, alle VPN e allo stesso dark web la distanza tra criminali e forze dell'ordine stia aumentando.

Per il New York Times una delle ragioni è da ricercarsi nell'implementazione di sistemi di crittografia all'interno di tutti i servizi più utilizzati, e il fatto che su Messenger stia per arrivare lo stesso tipo di protezione rischia di aggravare ulteriormente le proporzioni del fenomeno. Demonizzare la crittografia non è però la soluzione: da una parte in effetti proteggere i contenuti delle comunicazioni degli utenti che usano un servizio può fare in modo che quest'ultimo venga utilizzato per illeciti di ogni tipo; d'altro canto però concedere ad aziende e governi di controllare ciò che le persone fanno e dicono online apre le porte a scenari estremamente pericolosi, nei regimi illiberali e non solo.

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