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Per le sparatorie di El Paso e Dayton Trump incolpa i videogiochi (e non le armi)

Nella ricerca di un colpevole che vada oltre gli esecutori materiali delle stragi dei giorni scorsi negli Stati Uniti, il presidente Trump ha puntato ancora una volta il dito contro i videogiochi, accusandoli di desensibilizzare le menti più fragili nei confronti della violenza in una tesi tanto datata quanto infondata.
A cura di Lorenzo Longhitano
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A poche ore dalle due sparatorie di El Paso e Dayton che hanno sconvolto gli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha già individuato un responsabile – oltre agli esecutori materiali delle stragi: non i fucili che hanno esploso i proiettili letali per le vittime né le leggi che hanno permesso ai colpevoli di armarsi di tutto punto per portare a termine i propri propositi, ma i videogiochi. "Dobbiamo smetterla di celebrare la violenza nella nostra società" ha dichiarato il capo della Casa bianca nelle dichiarazioni a margine dei tragici eventi dei giorni scorsi "e questo include i videogiochi macabri e cruenti che sono ormai diventati così diffusi. È fin troppo facile al giorno d'oggi per ragazzi e adolescenti problematici circondarsi di una cultura che incensa la violenza; dobbiamo porre un argine a questo fenomeno e dobbiamo farlo immediatamente".

I precedenti

Non è la prima volta che Trump punta il dito contro i videogiochi, sostenendo in particolare che essere esposti a situazioni di violenza virtuale abbia il potere di desensibilizzare le persone più fragili – in particolare ragazzi e giovani adulti – fino a renderle più inclini a compiere gesti di violenza estrema, e alcuni dei termini utilizzati nelle dichiarazioni di queste ore compaiono perfino in un tweet del 2012. L'ultima volta però era successo l'anno scorso, quando il presidente USA aveva proposto di rendere più stringente l'attuale sistema di regolamentazione in vigore per queste opere, suggerendo che la stessa cosa si sarebbe potuta fare anche con i film.

Una tesi datata (e infondata)

Del resto quella fatta propria da Trump è una tesi datata quasi quanto i videogiochi stessi, che ha iniziato a diffondersi presso l'opinione pubblica fin da quando questo mezzo di intrattenimento ha iniziato ad assumere le prime, rudimentali parvenze di realismo, tanto che ormai è quasi automatico che al verificarsi di un evento simile si cerchi un colpevole proprio nelle rappresentazioni virtuali della violenza videoludica. La realtà però è più complessa, e in più di 30 anni gli studiosi non hanno mai saputo evidenziare una correlazione tra l'aumento della violenza giovanile e quello dell'utilizzo di videogiochi dalla rappresentazione violenta. Anzi: in alcuni casi le due tendenze sono risultate inverse.

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