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Perché 500 comuni italiani si sono schierati contro il 5G (e cosa c’è di vero)

Dall’arrivo del coronavirus in Italia i comuni contro il 5G sono passati da poche decine a più di 500. Il timore è che le onde elettromagnetiche sprigionate dalle antenne possano facilitare la diffusione del contagio e le accuse, per quanto infondate, forniscono ai politici un pretesto per ergersi a difesa dei cittadini.
A cura di Redazione Tech
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Anche dopo la fine del periodo critico del lockdown sta continuando a crescere il numero dei comuni che si stanno dichiarando contrari all'installazione di antenne 5G sul loro territorio. Il fenomeno è nato da ben prima dell'esplosione della pandemia di Covid-19, ma ha iniziato ad assumere proporzioni preoccupanti proprio con l'arrivo del contagio in Italia: da poche decine di realtà cittadine no-5G si è passati a più di 250 nel mese di maggio, che sono raddoppiati in appena due mesi fino a superare quota 500 comuni in questi giorni.

Il caso

L'ultima segnalazione ad aver fatto notizia è arrivata da un capoluogo di provincia — quello di Reggio Calabria — il cui sindaco il 6 luglio ha annunciato di aver firmato un'ordinanza di sospensione per l'installazione delle antenne 5G sul territorio cittadino. La motivazione alla base della decisione presa sarebbe che "ad oggi non esistono certezze rispetto agli effetti che questa nuova tecnologia ha sulle persone", ma si tratta di una formula identica a quelle adottate dagli altri comuni che nelle ultime settimane si sono mossi in modo simile.

Accuse mutevoli

Quello che le antenne 5G possano essere dannose per la salute di chi vive nelle loro vicinanze è un timore che si è diffuso da mesi in molti Paesi che stanno iniziando ad adottare questa tecnologia, ma in realtà privo di fondamento. Una prima dimostrazione logica sta nel fatto che prima del coronavirus le accuse rivolte alle antenne 5G riguardavano tutte un presunto potenziale cancerogeno delle onde elettromagnetiche alla base del loro funzionamento. Dopo l'avvento di Covid-19 in tutto il mondo il contenuto delle accuse è cambiato: non più cancerogene, le antenne 5G avrebbero un ruolo chiave nella diffusione del coronavirus.

Cosa dice la scienza

Entrambi gli addebiti contrastano ampiamente con le prove fornite dalla comunità scientifica. Da una parte infatti, secondo la maggioranza schiacciante degli esperti, le onde elettromagnetiche alla base del funzionamento delle antenne 5G non sono associabili all'insorgenza di neoplasie: l'ultima conferma è arrivata pochi mesi fa dalla Commissione per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti in conclusione di uno studio durato 7 anni. Dall'altra, l'accusa che le onde del 5G possano indebolire il sistema immunitario o addirittura rafforzare il coronavirus non sono state dimostrate; perfino le insinuazioni indirette — basate sul fatto che Covid-19 abbia colpito con più efficacia nelle aree a più alta concentrazione di antenne — non reggono a confronto con l'evoluzione dell'epidemia in Paesi praticamente privi di infrastrutture 5G come Iran e Brasile.

Cosa c'è dietro alle fake news

Il semplice fatto che il 5G sia stato accostato a fasi alterne a due delle malattie più spaventose del secolo dovrebbe bastare a rimettere in prospettiva accuse così roboanti, che secondo alcuni sono state pensate e diffuse appositamente per rallentare in alcuni Paesi l'adozione di una delle tecnologie chiave per lo sviluppo economico dei prossimi decenni.

Ovviamente senza prove a sostegno di tesi simili il rischio è quello di lasciarsi trascinare in una sorta di complottismo inverso, mentre è possibile immaginare con un maggior grado di certezza quali siano le ragioni dietro alle scelte dei politici nostrani che da tutti gli schieramenti si sono mossi per fermare il 5G nei loro comuni. Una volta che un timore irrazionale e infondato è stato instillato in una minoranza di cittadini da una campagna di fake news martellanti, cavalcarlo e capitalizzarlo a scopo elettorale diventa la strada più semplice da percorrere per un politico in cerca di apprezzamenti.

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