Perché la strage al liceo americano è stata un banco di prova per Snapchat
Lo scorso mercoledì, un ex studente della Marjory Stoneman Douglas High School a Parkland, in Florida, ha seminato il terrore a colpi di arma da fuoco, provocando diciassette vittime. E nel contesto di una strage scolastica con pochi precedenti c'è un aspetto da non sottovalutare, legato al mondo della tecnologia e all'habitat naturale dei giovani: il social network Snapchat. Durante i tragici minuti in cui si è consumata la strage, sono arrivate praticamente in diretta le immagini e i video dal liceo attraverso i social media. In particolare tramite la nuova funzione del social a sfondo giallo: Snap Maps.
Proprio mercoledì, vista la grande quantità di contenuti provenienti dalle aule del liceo, Snapchat ha aperto la storia pubblica: "High School Shooting", mettendola in rilievo fra i contenuti. Inutile sottolineare come i videoclip della tragedia abbiano ottenuto migliaia di visualizzazioni nel giro di pochi minuti. La storia, nel corso e a margine della sparatoria, forniva informazioni con gli ultimi sviluppi e mostrava i primi interventi della polizia. "Ha aperto il fuoco e ha ucciso un amico a due passi da me", ha detto un ragazzo, evidentemente scosso, in uno Snapchat pubblicato in diretta. La stessa cosa era accaduta nel 2017, quando si erano verificati uragani di straordinaria portata.
Anche in quel caso "Snap Maps" aveva mostrato le immagini in tempo reale, prima che le telecamere degli organi di stampa si portassero nel cuore degli avvenimenti. Così è successo mercoledì in Florida. Da parte dei vertici di Snapchat c'è la volontà di conformarsi al massimo agli standard di una redazione giornalistica, per non rischiare di distorcere i fatti o di basare la loro lettura esclusivamente sui contenuti pubblicati dai singoli utenti. Queste accortezze nascono anche dal fatto che il 20 percento degli utenti del social network sono minorenni. Massima attenzione, quindi, ai contenuti e ai soggetti facilmente impressionabili. In effetti, le storie sui social (siano quelle di Snapchat, di Instagram o di Facebook) sembrano fatte proprio per dare conto degli avvenimenti praticamente in tempo reale. L'obiettivo, però, è assicurare ai contenuti la perfetta aderenza all'etica giornalistica, per evitare che si sfoci in disinformazione o, peggio ancora, in fake news.