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Porno? No grazie, la folle crociata del governo islandese contro i siti hot

Il ministro degli Interni dell’isola è al lavoro su un disegno di legge per bloccare l’accesso ai siti pornografici da computer domestici, console portatili e smartphone. Un’idea già bocciata in Inghilterra e giudicata impraticabile dai principali provider che ricalca la censura messa in atto in paesi come Cina e Iran.
A cura di Angelo Marra
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L'Islanda potrebbe diventare a breve il primo paese occidentale a (provare a) vietare la pornografia in rete. Il Ministro degli Interni Ögmundur Jónasson è al lavoro infatti su un disegno di legge che impedisca la visione ed il download di immagini e video di carattere pornografico al fine di tutelare tutte quelle categorie protette come donne e minori che ogni giorno navigano su internet.

"Storia magistra vitae" dicevano i latini e così sarebbe bastato dare uno sguardo all'epilogo di un'analoga proposta fatta in Inghilterra da David Cameron per scoprire l'amara verità,  l'inconsistenza che si cela dietro a questo esercizio di demagogia populista. L'Islanda non è la Cina, non è l'Iran, è un paese moderno quanto o forse più dell'Italia, dove crescono generazioni di indigeni digitali dotati di strumenti e conoscenze in grado di farsi beffa in pochi minuti di qualsiasi filtro o firewall messo in atto per limitarli.

A sostenerlo non sono i fautori del "porno libero" ma provider ed operatori telefonici (oltre che gli stessi genitori inglesi), che hanno già licenziato la proposta del Primo Ministro inglese come eccessivamente costosa e tecnicamente difficile e che risponderanno alla stessa maniera al governo di Jóhanna Sigurðardóttir, con buona pace della campagna elettorale in atto (toh!) per le consultazioni del prossimo aprile. L'ipotesi più probabile è che il disegno di legge venga cestinato per "impossibilità tecnica", la peggiore è che l'Islanda decida di mettere in atto un sistema efficace di filtraggio del traffico in rete, con costi enormi a fronte di risultati deludenti e pesanti interrogativi per quello che riguarda le libertà individuali e la libera navigazione in rete.

Non sarebbe la prima volta che il paese nord europeo si cimenta in battaglie contro la mercificazione del corpo femminile. Dal 2010 sull'isola sono vietati gli strip club e qualsiasi utilizzo commerciale del nudo, una serie di provvedimenti che hanno fatto guadagnare all'Islanda il primato come migliore nazione per le donne dove vivere ma che hanno convinto evidentemente il governo Sigurðardóttir a poter esercitare con la stessa facilità il medesimo controllo sulla rete. Stór mistök!

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