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PRISM , come funziona il cuore del Datagate e qual è la situazione in Europa ed in Italia

La vicenda del Datagate ha sconvolto il popolo del web che si è sentito spiato dalle principali aziende del settore tecnologico, ma la vicenda sembrerebbe essere più complessa di quanto non appaia.
A cura di Daniele Cretella
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A distanza di poco più di una settimana dalla pubblicazione dell' inchiesta congiunta del Guardian e del Washington Post in merito al caso già passato alle cronache internazionali con il nome di Datagate, sono ancora molti gli interrogativi rimasti inevasi. Le principali perplessità restano quelle legate al funzionamento di PRISM, il servizio informatico utilizzato dal National Security Agency (NSA) in collaborazione con nove delle principali aziende del settore (Microsoft, Facebook, Google, Yahoo!, Apple, AOL, PalTalk, YouTube e Skype) per recuperare ed utilizzare per fini investigativi le informazioni degli utenti statunitensi e non. Molte inesattezze sarebbero, però, emerse dalle inchieste dei due quotidiani, nate entrambe dalle slide (41 per l' esattezza) consegnate dal ventinovenne Edward Snowden (ex collaboratore del NSA), che attualmente si trova ad Hong Kong in un luogo non meglio precisato, riguardanti il funzionamento di PRISM.

Sarebbero, infatti, stati interpretati in maniera decisamente troppo scandalistica alcuni passaggi all' interno dei quali veniva fatta menzione ad una disponibilità diretta da parte delle aziende dei dati relativi ai propri utenti nei confronti del NSA. In realtà, secondo quanto emerso nel corso delle scorse ore, il funzionamento di PRISM sarebbe decisamente più complesso e, soprattutto, non avrebbe una collaborazione così passiva da parte delle aziende coinvolte (assimilate ad una sorta di Grande Fratello da parte dell' opinione pubblica). Prima di tutto, stando alle dichiarazioni pubblicate da alcune delle principali aziende del settore tecnologico come Facebook, Microsoft e più recentemente Apple, ogni informazione legata ai propri utenti sarebbe stata ceduta soltanto a seguito di un' accurata indagine condotte dai legali delle rispettive aziende e, soprattutto, in presenza di un mandato della polizia o del tribunale. Le richieste risultate eccessivamente torbide o infondate sarebbero state addirittura rifiutate.

Sembrerebbero essere, poi, almeno quattro le fasi relative alla condivisione dei dati degli utenti. La prima, riguarderebbe, previo mandato, l' elaborazione di una richiesta da parte di un addetto dell' NSA attraverso il sistema PRISM. La seconda, prevederebbe un' autorizzazione dell' FBI automatica o semi-automatica (insomma, una sorta di filtro). Nella terza fase, l' impiegato dell' azienda interrogata, dopo una valutazione interna (che a volte avviene all' interno di uffici preposti) raccoglie i dati e li invia all' NSA oppure li carica all' interno di un servizio cloud criptato legato a PRISM. L' accesso ai dati degli utenti, a differenza di quanto detto all' indomani della pubblicazione delle inchieste del Guardian e del Washington Post, non sarebbero basate su un abuso di potere dell' ente governativo statunitense, bensì dalla Section 702 sul “Foreign Intelligence Surveillance Act” (FISA), che ha ricevuto diversi emendamenti all' indomani dell' attacco terroristico dell' 11 Settembre del 2001 dove persero a vita migliaia di persone rimaste intrappolate all' interno del World Trade Center. Stando alla legge degli Stati Uniti, dunque, non sarebbe possibile per le aziende coinvolte sottrarsi alle richieste governative e, paradossalmente, l' utilizzo di PRISM sarebbe semplicemente un metodo per proteggere i dati degli utenti.

La vicenda legata al Datagate non ha certo lasciato indifferente l' Unione Europea che, anzi, ha preteso la nascita di un tavolo transatlantico per discutere dell' argomento e delle implicazioni del PRISM in Europa nel corso del prossimo G8 nel corso delle prossime ore. Per quanto riguarda l' Italia, poi, l' intera vicenda statunitense ha messo sotto una nuova luce il Decreto Legge sulla "Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale” convertito in legge e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 19 marzo 2013 che prevede, all' art. 11, la fornitura di "informazioni agli organismi di informazione per la sicurezza e consentono ad essi l' accesso alle banche dati d' interesse ai fini della sicurezza cibernetica di rispettiva pertinenza nei casi previsti dalla legge". A tal proposito la deputata del Movilmento 5 Stelle Mirella Liuzzi ha per prima firmato una interrogazione parlamentare in cui si chiede una posizione netta da parte del Governo sulla questione del PRISM ed sull' indirizzo politico scelto per affrontare il tema.

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