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Proteste in Turchia contro la censura di Internet

Manifestazione in Turchia contro il sistema di filtraggio e censura Internet annunciato dal governo e dall’Autorità delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (BKT).
A cura di Vito Lopriore
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Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato che la sua amministrazione stanzierà 19 milioni di dollari per forzare il Web cinese. Si tratta di una politica internazionale di contrasto ai sistemi di filtraggio e censura di Internet.

In Turchia domenica migliaia di persone si sono riunite in circa 40 città per manifestare contro la censura di Internet annunciata dalla Autorità delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (BTK). La marcia è stata organizzata da Facebook contro l’introduzione di filtri che gli utenti Internet turchi subiscono dalla prima navigazione in Internet, a partire dal mese di Agosto.

Serkan Dogan, un programmatore software di Istanbul, dice “Questi filtri renderanno Internet un’area di controllo statale; si verrà connessi su un server dello Stato che distribuirà le connessioni a milioni di utenti. Il sistema permette il controllo sui cittadini”.

I manifestanti sono anche preoccupati per l’annuncio di BKT della proibizione dell’uso di alcune parole nei domini dei siti. La stampa ha diffuso la notizia che parole come “bionda” o “cognata” sono bannate.

Qualche mese fa, un portavoce di BKT, Tayfun Acarer, ha detto che le accuse dei manifestanti sono infondate, perché alcuni filtri adottati, come sui profili dei bambini, della famiglia e sui profili standard, possono essere modificati dagli stessi utenti. Alla domanda sulle parole bannate dai nomi dei domini, il portavoce ha risposto elencando una serie di parole volgari del lessico turco senza dare altre spiegazioni.

Da Luglio 2010, secondo un report preparato da Freedom House, un’organizzazione dei diritti dell’uomo di Washington, i siti bloccati in Turchia sono più di 5000 e il numero continua a crescere. Per due anni, tra questi siti bannati c’è stato anche Youtube, la piattaforma video di Google.

Domenica molti cittadini hanno manifestato nelle strade centrali di Istanbul agitando  slogan e portando cartelloni con la scritta ““Don’t Touch My Internet”  e “Yes We Ban!”. Uno studente, Ozge Ozkan, dice “E’ compito della famiglia e non dello Stato quello di regolare l’uso di Internet dei bambini, non è un giusto motivo per la censura”.

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