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Quando la didattica a distanza non fa paura (e funziona)

Il ministero dell’Istruzione spera di poter assicurare a settembre un ritorno in classe in presenza, ma la certezza non esiste. Ecco perché occorre anche preparare i docenti e fornire loro gli strumenti per affrontare la sfida della didattica a distanza, che da eventualità da scongiurare può trasformarsi in opportunità.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Quella della didattica a distanza è un'esperienza con la quale in queste settimane si sono dovuti confrontare forzatamente milioni di studenti e i loro insegnanti, e che potrebbe non chiudersi con l'anno scolastico che terminerà a giorni. Proprio in queste ore infatti il governo è impegnato a definire i criteri di una riapertura delle scuola in presenza e in sicurezza, senza però poter ignorare che soprattutto l'andamento futuro dell'epidemia di coronavirus a decretare in quali modalità riprenderanno le lezioni.

Una parte di insegnanti, alunni e amministratori spera ardentemente di non dover mai più avere a che fare (almeno in ambito scolastico) con iPad, videochiamate, piattaforme di collaborazione e connessioni altalenanti, ma la realtà è che ad arrivare veramente pronti all'anno prossimo e alle sfide poste dalla didattica del futuro saranno le realtà che in questi mesi hanno saputo trasformare una necessità in un'opportunità, e che intenderanno investire nell'insegnamento a distanza anche nei prossimi mesi — a prescindere dall'evoluzione della pandemia di Covid-19.

Pronti dal giorno 1

Il coronavirus in effetti ha scaraventato la maggior parte delle realtà scolastiche in una situazione di emergenza costringendo dirigenti, alunni e insegnanti a uno sforzo di adattamento che non sempre ha dato i risultati sperati. A sopportare meglio la situazione sono state le poche scuole che hanno abbracciato già da tempo il concetto di insegnamento digitale e che dunque si sono trovate relativamente avvantaggiate nella transizione dalle lezioni in presenza a quelle partecipate dalle abitazioni degli studenti.

Lo ha spiegato a Fanpage.it la professoressa Francesca Testa, insegnante di matematica dell'Istituto Comprensivo Ungaretti di Melzo, raccontando di come l'intero corpo docenti della struttura avesse seguito già molto tempo fa decine di ore di formazione sull'utilizzo degli strumenti digitali. "Gli insegnanti erano già tutti preparati a utilizzare iPad e computer per l'insegnamento, ma allo stesso modo lo erano anche gli alunni", che non hanno affrontato alcun tipo di novità nell'interfacciarsi con gli insegnanti attraverso uno schermo.

Intensità diverse a seconda delle classi

In questi istituti non si è dovuto affrontare in ottica emergenziale il problema delle app, delle piattaforme e dei dispositivi da utilizzare, che invece è stato risolto dalla maggior parte delle scuole con lacune e ritardi. Le app e i dispositivi esistevano già; venivano sfruttati forse meno assiduamente, ma docenti e alunni sapevano già come farlo e come gestirne l'utilizzo. "Il nostro programma di didattica a distanza è stato attivato fin dal primo giorno di chiusura" ha raccontato la professoressa Testa "e modulato su intensità diverse a seconda delle classi degli studenti". I bambini della scuola materna ad esempio hanno avuto a disposizione un'ora di contatto al giorno, nel pomeriggio, in presenza dei genitori; per le scuole elementari i contatti sono stati portati a 4 al giorno intervallati da un'ora di pausa; per le medie si è passati invece a 5 collegamenti al giorno, sempre con intervalli da un'ora.

Cambiare il modello didattico

Riorganizzare la logistica delle lezioni però non basta a risolvere il problema della didattica in tempi di pandemia; secondo molti insegnanti andrebbe cambiato direttamente il modo in cui si insegna ai ragazzi e si mettono alla prova le loro competenze. La testimonianza indiretta arriva dalle segnalazioni di queste settimane di professori che hanno imposto agli alunni metodi di controllo decisamente controversi, ma anche di studenti pronti a farsi aiutare perfino dai genitori durante verifiche e interrogazioni. Il professor Alessandro Gelain — professore di filosofia della provincia di Padova — è un altro docente che lavora già da tempo in classi dotate di strumenti digitali abilitati alla didattica a distanza, e in questi mesi ha potuto applicare l'esperienza pregressa anche all'interno di classi che non si erano mai confrontate con la didattica a distanza.

Il segreto per Gelain è adattare la didattica alla tipologia di strumento utilizzato, in questo caso il digitale e le connessioni Internet: "Le prove scritte ad esempio possono essere trasformate da sommative a formative: prove che l'allievo ha tutto il tempo di compilare in autonomia, come se stesse facendo un normale compito a casa. A casa l'alunno ha la possibilità di fare ricerche in Rete o consultare l'enciclopedia, ma nell'atto stesso della compilazione si sta formando, sta imparando. Attraverso delle prove progettate in questo modo, un insegnante con i suoi anni di esperienza riesce a valutare l'alunno anche senza bisogno di una verifica in senso classico basata su una sorveglianza che a distanza non è comunque possibile attuare".

Gelain ha una certa esperienza nell'impiego delle nuove tecnologie. Alcuni dei suoi alunni hanno studiato il pensiero di Platone recitandone i dialoghi in video caricati sul web; si tratta di lavori realizzati l'anno scorso, uno dei quali è stato montato a distanza tra studenti che non hanno potuto interagire in presenza. Il risultato sembra anticipare e battere sul tempo le sfide poste dal Covid-19 in questi mesi, tanto che il progetto sta proseguendo (durante le vacanze i suoi studenti dovranno cimentarsi con Kant) e che l'anno prossimo potrebbe essere esteso anche agli alunni che hanno iniziato con la didattica a distanza soltanto durante il lockdown.

I problemi

I due prof hanno potuto contare sul supporto di dirigenti scolastici che hanno scommesso da tempo sull'insegnamento digitale, fornendo a tutto il corpo docenti gli strumenti adatti a sfruttarne tutte le potenzialità. La loro esperienza dimostra però che, formando per tempo gli insegnanti e dotandoli di strumenti adatti, si possono ottenere buoni risultati. Il punto è che per arrivarci occorre cambiare l'approccio al ritorno a scuola previsto per settembre — magari investendo sulla fornitura di dispositivi e sulle infrastrutture hardware e software, e lavorando su ampia scala sulla formazione dei docenti.

Il coronavirus fa ancora paura e l'idea di ragazzi nuovamente confinati tra le mura di casa è altrettanto spaventosa, ma la didattica a distanza non è un avversario; si tratta anzi di un'opportunità da cogliere, sia per integrare eventualmente le lezioni in presenza in caso di nuova ondata della pandemia, sia per offrire agli alunni nativi digitali un modo di imparare che li metta a loro agio. Comportarsi come se quella dell'insegnamento digitale fosse un'eventualità da scongiurare a tutti i costi potrebbe al contrario rivelarsi un boomberang, sia sulla breve che sulla lunga distanza.

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