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Questa scimmia gioca a Pong col pensiero: ha il chip di Elon Musk nel cervello

Dopo una fase di addestramento nella quale i ricercatori di Neuralink hanno tarato il chip sugli impulsi elettrici provenienti dall’attività cerebrale della scimmia, l’animale ha potuto iniziare a controllare gli elementi presenti sullo schermo utilizzando soltanto il pensiero. Lo scopo finale della ricerca però è ben più ambizioso.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Quella pubblicata online in queste ore potrebbe essere la dimostrazione più lampante delle potenzialità di Neuralink, l'azienda di Elon Musk impegnata a realizzare chip che permettano di comunicare con le macchine e computer usando soltanto il pensiero. Poche settimane fa il gruppo aveva anticipato di essere riuscito a impiantare uno dei suoi primi chip di comunicazione nel cervello di una scimmia, e che questa fosse diventata in grado di giocare a semplici videogiochi come Pong semplicemente usando il pensiero; l'annuncio aveva destato scalpore e ora è stato seguito da un video nel quale Pager – questo è il nome dell'animale – si è mostrato in una partita a Pong controllata senza usare gli arti ma solamente con impulsi provenienti dal suo cervello.

Cos'è Neuralink

Dietro a Neuralink si cela l'azienda fondata dall'imprenditore Elon Musk, che ha sviluppato un chip di comunicazione battezzato Link N1 e pensato per essere posto a diretto contatto con il cervello di chi lo utilizza. Fisicamente si tratta di un disco delle dimensioni di una piccola moneta, che è collegato alla materia cerebrale attraverso sottilissimi cavi, spessi quanto un ventesimo di un capello umano e lunghi poche decine di millimetri. Questi filamenti sono antenne che hanno il compito di intercettare l'attività elettrica dei neuroni e trasmetterla al chip, il quale ne crea dei segnali digitali che vengono inviati in wireless a un dispositivo di ricezione posto al di fuori del cranio. Gli impulsi trasmessi dai neuroni nel corso delle loro normali attività diventano così una serie di 0 e 1 – elementi riconoscibili da appositi software che poi possono utilizzarli come comandi per applicazioni di ogni genere.

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L'esperimento dei ricercatori

Nella prima parte del video, i ricercatori raccontano una fase essenziale del processo che ha portato Pager a poter controllare il videogioco con la mente. Il macaco ha innanzitutto imparato a giocare con un vero videogame nel quale gli era richiesto di utilizzare un comune joystick per comandare un cursore nelle direzioni desiderate e ottenere del cibo in premio. Il chip Neuralink nel cervello di Pager ha registrato l'attività dei neuroni utilizzati inconsciamente dalla scimmia per arrivare a controllare con le mani il joystick affidatole. Dopo meno di mezz'ora di addestramento, il chip era pronto per riconoscere quegli stessi stimoli anche in futuro, per trasformarli in comandi; i ricercatori hanno così chiesto a Pager di riprendere il gioco, scollegando però il computer dal joystick e collegandolo invece in wireless al chip neuralink nel cervello della scimmia. Pager ha continuato a muovere il joystick con la mano per abitudine, ma a quel punto i controlli del cursore venivano inviati dal chip Neuralink, che ha riconosciuto l'attività elettrica dei neuroni nel controllo della mano e l'ha utilizzata per muovere il cursore all'interno del gioco.

Il risultato e il futuro

Nella prima parte del video Pager si è esibita in quello che i ricercatori hanno chiamato Neuropong, un software di gioco utilizzato per addestrare scimmia e processore a entrare in sintonia. Il secondo gioco mostrato è il Pong originale, lo storico videogame nel quale due racchette stilizzate si sfidano a una partita a tennis con una pallina che corre da un lato all'altro dello schermo. Lo scopo finale della ricerca però è ben più ambizioso: un chip capace di interpretare i segnali provenienti dai neuroni per tradurli in un linguaggio comprensibile da una macchina può aiutare ad alleviare o curare patologie neurologiche come il morbo di Parkinson o paralisi parziali degli arti. I ricercatori vogliono innanzitutto permettere ai pazienti di comunicare al meglio con il mondo esterno nonostante eventuali impedimenti, ma in un futuro più lontano pensano di poter captare gli impulsi originali provenienti dai neuroni di persone con lesioni spinali, per amplificarli e redistribuirli agli arti ai quali erano destinati – funzionando insomma come un circuito parallelo.

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