37 CONDIVISIONI

Questo è il primo selfie scattato da una pianta

Il soggetto e autore della foto si chiama Pete, ed è una felce che risiede nella sezione dedicata alle foreste pluviali dello zoo di Londra. Fa parte di un esperimento che esplora la possibilità di immagazzinare l’energia prodotta dalle piante da ombra e riutilizzarla per monitorare lo stato delle foreste pluviali senza impatto sull’ambiente.
A cura di Lorenzo Longhitano
37 CONDIVISIONI
Immagine

Quella di scattarsi selfie fortunatamente non è una mania che ha contagiato proprio tutti, eppure da oggi tra i fan degli autoscatti compulsivi c'è perfino una pianta: si chiama Pete ed è una felce ospitata nella sezione dedicata alle foreste pluviali dello zoo di Londra. Il vegetale e i suoi autoscatti in effetti fanno parte di un esperimento dedicato a scoprire le potenzialità insite nei meccanismi di produzione energetica messi in atto dalle piante da ombra: condotti dai ricercatori della Zoological Society of London, i test hanno portato Pete ad alimentare un circuito collegato a una fotocamera puntata verso di sé, e capace di catturare un'immagine a bassa risoluzione ogni 20 secondi.

Immagine

Come parte del processo di fotosintesi, queste piante producono zuccheri che però non rimangono nel fogliame ma viaggiano attraverso lo stelo e le radici per essere in parte espulsi nel terreno come prodotto di scarto. I microorganismi presenti nel sottosuolo utilizzano poi gli zuccheri rilasciati dalle piante per il proprio sostenteamento, rilasciando come risultato delle relative reazioni metaboliche un quantitativo minimo di energia che può essere intercettata e immagazzinata. È quello che gli scienziati si sono adoperati per fare, impiantando minuscole celle a combustibile nel terreno capaci di generare 0,1 milliwatt di potenza ciascuna. Il quantitativo di energia in questione in realtà è estremamente limitato, motivo per cui nell'esperimento sono state collegate più celle tra loro, e l'energia risultante è stata a malapena sufficiente a catturare una immagine ogni 20 secondi attraverso un sensore non esattamente tra i più sofisticati sulla piazza.

Le potenzialità della scoperta restano però comunque elevate. Il fatto che il sistema possa immagazzinare energia da piante che non sono direttamente esposte alla luce del sole permette di utilizzare minuscoli sensori e altre apparecchiature a basso consumo in aree del pianeta remote e non illuminate, senza alcun impatto ambientale. I ricercatori della Zoological Society of London stanno pensando proprio alle foreste pluviali lontane dalla civiltà, che grazie a sensori adatti potrebbero essere monitorate in ogni loro aspetto — dalla temperatura all'umidità, passando per il grado di crescita della flora — per aiutare gli scienziati a comprendere meglio l'impatto di fenomeni come il cambiamento climatico in aree del pianeta difficili da presidiare.

37 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views