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Rider e autisti della gig economy saranno trattati come dipendenti: approvata la legge in USA

La legge attende ancora un grado di approvazione finale prima di entrare in vigore a partire dal 1 gennaio 2020, e prevede che i lavoratori finora sottoposti a turni e regole decisi dalle aziende siano tutelati da queste ultime al pari del personale dipendente, con conseguenze difficili da valutare per i conti delle società.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Potrebbe essere un momento storico per i lavoratori della cosiddetta gig economy, quelli cioè si affidano a piattaforme digitali come Uber per la propria attività lavorativa. In queste ore in California è infatti appena stata votata una legge che obbliga numerose aziende che fanno affidamento su questo tipo di lavoro a trattare chi lo svolge come un dipendente. La norma in particolare è stata approvata al Senato e attende una ratifica da parte della camera e una firma del governatore dello Stato che ne è un sostenitore, dopodiché entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2020.

Oltre a Uber e agli altri soggetti che operano nel campo del noleggio auto con conducente nelle stesse modalità, la legge riguarda anche il mondo della consegna del cibo a domicilio e in generale quello dei cosiddetti rider sul quale non per niente anche da noi si è abbattuta più di una critica. In generale ai lavoratori che finora si sono sottoposti ai turni flessibili dettati dalle app delle aziende per le quali lavoravano, dovranno essere assicurati un salario minimo e gli stessi altri diritti e tutele che spettano agli impiegati, come tutele, contributi e assicurazione sanitaria.

In California i lavoratori festeggiano, mentre le aziende rispondono facendo sapere che la legge finirà da una parte col danneggiare gli stessi lavoratori (costringendoli a rinunciare a un certo grado di indipendenza sugli orari di lavoro scelti) e dall'altra col comportare costi maggiori per gli utenti finali dei servizi che offrono; dopo l'entrata in vigore del provvedimento in effetti queste società dovranno trovare un modo per recuperare costi operativi che fino a poco tempo prima scaricavano sulla flessibilità e sull'assenza di contributi corrisposti alla propria forza lavoro.

Detto ciò, non è ancora detto che si arriverà mai a questo punto anche in Italia. Lo Stato USA che si è fatto teatro della svolta è effettivamente la sede della Silicon Valley e di molte delle aziende chiamate in causa dal provvedimento — era probabilmente naturale che le proteste dei lavoratori e la crescente sensibilizzazione dell'opinione pubblica arrivassero a un risultato politico prima che altrove; l'attenzione del mondo della gig economy ora è puntata sugli altri stati e sul resto del mondo.

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