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San Bernardino, l’FBI ammette l’errore: “Abbiamo bloccato definitivamente l’iPhone”

La battaglia tra Apple e FBI, che riguarda l’iPhone posseduto da uno dei due killer che il 2 dicembre scorso hanno ucciso 14 persone in un attentato a San Bernardino, approda al Congresso americano. Durante l’audizione di fronte alla commissione parlamentare il direttore dell’FBI, James Comey, ammette che è stato commesso un errore che ha bloccato definitivamente l’iPhone.
A cura di Francesco Russo
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La battaglia tra Apple e l'FBI, che riguarda l'iPhone posseduto da uno dei due killer che il 2 dicembre scorso hanno ucciso 14 persone in un attentato a San Bernardino, approda al Congresso americano. E l'audizione del direttore dell'FBI, James Comey, potrebbe segnare una svolta sul caso che è ormai diventato internazionale. Comey ha ammesso di fronte alla commissione giudiziaria del Congresso che l'FBI ha commesso un errore nel tentativo di forzare l'iPhone 5C appartenuto a Syed Farook, tentativo che avrebbe di fatto bloccato definitivamente il dispositivo. Un'ammissione importante che chiarisce meglio la dinamica di ciò che è accaduto immediatamente dopo l'attentato. Ed è in questo contesto che l'ente governativo cerca ancora la collaborazione di Apple per cercare di recuperare i dadi contenuti nell'iPhone.

Durante l'audizione di fronte alla commissione del Parlamento americano, il direttore dell'FBI ha rivelato che l'ente da lui guidato ha commesso un grave errore nel tentativo di sbloccare l'iPhone. "C'è stato un errore commesso nelle 24 ore successive all'attentato" – ha dichiarato James Comey – "durante le quali la contea, su richiesta dell'FBI, ha preso provvedimenti che hanno reso impossibile consentire al telefono di eseguire il backup su iCloud". Lo scopo di questa operazione che si è rivelata fallimentare era quello di resettare la password di iCloud cercando di aggirare il sistema di sicurezza del dispositivo. Il risultato è stato quelle di rendere inaccessibile il dispositivo avendo fallito il tentativo di fare il backup dei dati contenuti nell'iPhone. Se non ci fosse stato quel tentativo, i tecnici dell'FBI avrebbero avuto la possibilità di salvare i dati non appena si fossero spostati all'interno di una rete wi-fi riconosciuta dal dispositivo.

Il caso è quindi al centro dell'attenzione perchè, qualunque sia la decisione del Congresso, questo creerà un precedente importante e le posizioni sono ancora molto distanti tra le parti. Val la pena di ricordare che questo di San Bernardino è solo un caso che vede di fronte Apple ed l'FBI: al momento la richiesta dell'ente investigativo riguarda altri 13 iPhone da sbloccare riguardanti casi differenti.

E proprio due giorni fa un giudice federale ha dato torto all'FBI, non ammettendo la richiesta di ordinare alla Apple di sbloccare l'iPhone di uno spacciatore di cristalli di metanfetamina, il cui caso è ancora in corso, nonostante lo stesso spacciatore si sia dichiarato colpevole. Nel caso specifico, il Dipartimento di Giustizia ha chiesto che la Apple collaborasse nelle indagini, ricorrendo alla "All Writs Act" (AWA), una legge di 227 anni fa, utilizzata anche dall'FBI per l'inchiesta di San Bernardino, che nell'ambito di procedimenti giudiziari consente ai tribunali di chiedere aiuto, ad esempio assistenza tecnica, a terzi. Il giudice, proprio in relazione a questa legge, ha dichiarato che proprio l'AWA non può essere utilizzata per ordinare a una società di tecnologia di manipolare i suoi prodotti.

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