Siamo tutti connessi: con Facebook i gradi di separazione passano da 6 a 4.74
La teoria dei sei gradi di separazione ha una storia lunga e controversa.
Si tratta di una teoria sociologica che professa l'idea che tra ogni essere umano sul pianeta si interpongano non più di sei gradi di separazione. Secondo questa teoria, tra due persone, anche se spazialmente e socialmente molto distanti, si frapporrebbe una rete composta, al massimo, da cinque conoscenti intermedi.
Questo significa che io potrei arrivare a Barack Obama attraverso l'amico di un amico, che è amico dell'amico di un mio amico. Sembra uno scioglilingua ma, in fondo, è semplice.
La teoria nasce nel 1929, con un racconto dello scrittore ungherese Frigyes Karinthy dal titolo Chains (Catene). La storia, chiaramente di finzione, pone in essere molte questioni che avrebbero poi affascinato diverse generazioni di matematici, sociologi, fisici e teorici delle reti. Il principio su cui si fonda il racconto, in breve, è il seguente: grazie ai progressi tecnologici nel campo delle comunicazioni e dei viaggi, le reti di amicizie si espanderanno a dismisura e il mondo vedrà ridotte le sue dimensioni grazie alla crescente connessione tra gli esseri umani. Sulla base di questa ipotesi, i personaggi creati da Karinthy arrivano alla conclusione che due individui qualunque possano essere collegati per mezzo di cinque conoscenti al massimo.
Già considerando solo gli albori della teoria, non è difficile vedere in quanto accade oggi (grazie a Facebook, Twitter e le altre reti sociali) la realizzazione di quella premonizione. Il mondo si va rimpicciolendo, le distanze spaziali vengono ridotte al minimo dalla rapidità del nuovi sistemi di viaggio, quelle ideali sono virtualmente inesistenti. Tant'è vero che, proprio alla luce della diffusione delle moderne reti sociali, la teoria dei sei gradi di separazione è stata rivista e ridotta.
Ma andiamo con ordine.
Negli anni '50, due scienziati statunitensi provarono a dare risconto alla teoria nell'ambito delle scienze esatte, e per la precisione in campo matematico. I due studiosi, infatti, tentarono di rispondere matematicamente alla seguente domanda: "Dato un insieme di N persone, qual è la probabilità che ogni membro di N sia connesso a un altro membro attraverso k1, k2, k3… kn collegamenti ?" Non ottennero, però, alcuna risposta valida, almeno non nel loro campo. Ed è per questo che, ancora oggi, la teoria dei sei gradi di separazione viene ritenuta dai più una mera speculazione filosofica.
Eppure, con l'avvento delle nuove forme di comunicazione, la presupposta indimostrabilità della teoria potrebbe essere messa in discussione.
Il tentativo di fornire un minimo riscontro scientifico alla teoria, quantomeno nel campo delle scienze sociali, fu praticato dal sociologo Stanley Milgram, anch'egli statunitense, precedentemente noto per gli esperimenti sull'Obbedienza all'autorità (che avevano fornito un inedito punto di vista sui meccanismi che spingono gli essere umani al timore dell'autorità e all'obbedienza che segue la paura). Milgram mise in piedi un semplice esperimento allo scopo di dimostrare quella che chiamò "Teoria del piccolo mondo": circa trecento lettere furono consegnate ad altrettanti partecipanti all'esperimento; le istruzioni prevedevano che ogni partecipante facesse pervenire la missiva a un abitante di Boston di cui conosceva nome e occupazione, ma non l'esatto indirizzo, per farlo -quindi- avrebbe dovuto inviare la lettera a una persona che credeva potesse conoscere l'indirizzo del destinatario finale.
I risultati, pubblicati su Psychology Today, dimostrarono a Milgram che le missive raggiungevano il destinatario finale dopo non più di cinque/sette passaggi. Da qui venne formalizzata quella che oggi conosciamo come "Teoria dei sei gradi di separazione" e che, pur essendo stata osteggiata per decenni, ha sempre esercitato un irresistibile fascino su tutti quanti sono incappati nella sua formulazione. Tanto che sono ancora molti quelli che, a quasi un secolo di distanza dalla sua prima formulazione, provano a dimostrarne la validità.
Il privo tentativo di utilizzo della rete per dimostrare la "Teoria del piccolo mondo" venne effettuato nel 2003, quando una squadra di Ricercatori della Columbia University, guidati da Peter Sheridan Dodds, chiese a 61.168 internauti provenienti da 166 paesi diversi di mettersi in contatto con 18 persone scelte a caso (tra cui un ispettore estone, un poliziotto australiano, un consulente indiano e un veterinario norvegese) utilizzando la propria rete di contatti. Ancora una volta si riuscì a dimostrare che -in media- l'operazione andava a buon fine dopo una media di cinque/sette passaggi e i risultati furono pubblicati sulla rivista Science.
Ma veniamo, per l'appunto, all'oggi.
Proprio in questi giorni, infatti, si è compiuto un nuovo esperimento -a opera dei ricercatori dell'Università degli studi di Milano, in collaborazione con il team di Facebook- che non solo conferma la Teoria del piccolo mondo ma, addirittura, rimpicciolisce ulteriormente il mondo.
Proprio come ipotizzato nel 1929 da Frigyes Karinthy, al progredire dei mezzi di comunicazione e viaggio, il pianeta tende a restringersi.
E se Milgram poteva contare su trecento volontari scarsi, Facebook può contare su di un gruppo campione pari a 720 milioni di utenti.
L'esperimento ha richiesto un mese di tempo. Per i loro calcoli matematici, i ricercatori dell'Università di Milano si sono avvalsi di algoritmi "originali" sviluppati presso l'ateneo stesso. Grazie ad essi sono riusciti a calcolare la "distanza media" tra due persone sulla base di un enorme numero di percorsi campione che intercorrono tra i vari utenti di Facebook. Il risultato ottenuto è che tra due persone, arbitrariamente selezionate, il numero medio di collegamenti che occorre per avvicinarle è pari a 4.74. Negli Stati Uniti, in particolare, dove oltre la metà delle persone con più di tredici anni ha un account su Facebook, la distanza è solo di 4.37 contatti.
La ricerca è stata pubblicata da Facebook sulla pagina Facebook Data Team, dove si sottolinea che "se si considera anche l'utente più lontano di Facebook, che magari abita nella tundra siberiana o la foresta pluviale peruviana, è probabile che un amico di un tuo amico conosca un amico di un suo amico."
Naturalmente, lo studio mette sotto il microscopio la definizione stessa del termine "amico" a cui, sociologicamente, la diffusione di Facebook comincia ad assegnare connotati diversi. È palese come, in questo caso, si parli di conoscenti o, addirittura, di persone di cui si conosce il nome e con cui -magari- non si è scambiata neppure una parola in tutta la vita.
Ciononostante, il dato resta, ed è rilevante.
Ma c'è un'ultima considerazione che vi invitiamo a fare ed è, all'opposto, di natura locale.
Infatti, se da un lato è fuor di dubbio come l'esperimento dimostri che -a livello globale- solo 4.74 persone ci separano da un qualunque altro essere umano connesso a Facebook, il che prova che ormai moltissimi possiedono amicizie spazialmente lontane e che i social network sono ormai indispensabili per continuare a coltivarle (fermo restando il significato molto ampio assegnato alla parola: amicizia), è pur vero che l'esperimento evidenzia un dato di livello "locale": ovvero che la maggior parte delle amicizie possedute da ogni utente proviene dalla sua stessa città e ha la sua stessa età. Il che significa che, come scrive a il Facebook team a conclusione della presentazione dello studio, "la rete sociale Facebook è insieme globale e locale. Essa collega le persone che sono distanti, ma ha anche una densa struttura locale che si esprime in piccole comunità".
In altri termini, lo stile di pensiero rinominato glocal e diffusosi al termine degli anni '90, torna in auge. E non riguarda soltanto la sociologia nelle sue declinazioni statistiche, ma la riguarda soprattutto nelle sue declinazioni relazionali. I molti movimenti Occupy che stanno nascendo in giro per il mondo sono la testimonianza di quanto il "pensiero globale e l'agire locale" siano ormai diventati molto più di uno slogan, e si candidino, invece, a trasformarsi in uno stile di vita.
Stiamo assistendo all'inizio di una nuova era, un'epoca con paradigmi e categorie nuove; e sebbene la trasformazione non sia che agli albori, sarà interessante assistere alla potenziale fioritura di un'umanità che si sente più vicina, prossima, simile nei bisogni e nelle rivendicazioni; con tutto quel che ne consegue.