Sony: la NSA si era già infiltrata in Corea del Nord, ecco le prove
Secondo quanto riporta il New York Times, citando ex-funzionari esperti e anche un documento della NSA, gli Usa sono riusciti a stabilire le responsabilità della Corea del Nord nell'attacco hacker subito dalla Sony Pictures Entertainment nel novembre scorso grazie ad una infiltrazione della NSA (National Security Agency), l'agenzia di sicurezza nazionale americana già al centro dello scandalo rivelato da Edward Snowden. L'agenzia nel 2010 ha introdotto un malware in grado di tenere traccia del lavoro di molti dei computer e dei network usati dagli hacker nord coreani.
L'infiltrazione, si legge sul New York Times, si era resa necessaria per il timore delle crescenti capacità informatiche di Pyongyang. L'agenzia si è infiltrata quindi nel network cinese che collega la Corea del Nord al resto del mondo e attraverso le connessioni con la Malesia, utilizzate di solito dagli hacker nordcoreani, è riuscita a penetrare direttamente nella rete nordcoreana, con l'aiuto della Corea del Sud e di altri alleati americani.
Attraverso questa operazione segreta, l'agenzia di sicurezza nazionale Usa, così come riportano le fonti citate dal quotidiano americano, è riuscita quindi ad inserire un malware in grado di tracciare il lavoro di molti dei computer e dei network usati dagli hacker nordcoreani, molti dei quali sono gestiti direttamente dal principale servizio di intelligence del Paese.
L'operazione ha poi consentito di raccogliere le prove del coinvolgimento nordcoreano nell'attacco alla Sony.
Qualche settimana fa il direttore dell'FBI, James Comey, durante un convegno sulla sicurezza online, ha spiegato la motivazione per cui anche l'agenzia federale di investigazione americana ritiene che gli attacchi provengano dalla Corea del Nord siano stati opera proprio dagli hackers che hanno portato avanti gli attacchi. James Comey ha infatti rivelato che gli hackers hanno per errore inviato dei messaggi da un indirizzo IP che riporta proprio alla Corea del Nord. Gli hackers hanno cercato di utilizzare lo stratagemma di server proxy per mascherare i loro messaggi, allo scopo di confondere e far perdere le loro tracce. Ma a quanto pare così non è stato.
In relazione a questa ultima rivelazione del NYT restano comunque delle perplessità e cioè come mai, nonostante ci fosse già un modo per controllare le attività di violazione non c'è stato alcun allarme da parte dell'agenzia sul fatto che si stesse preparando un così grave attacco alla Sony. Perplessità che tra l'altro sono diffuse negli Usa. Il generale Keith Alexander, capo della NSA fino al 2013, in una intervista ieri alla ABC ha detto che "l’attacco alla Sony chiaramente sottolinea che non siamo pronti, il modo in cui ci proteggiamo non funziona». Parole che potrebbero generare non poche polemiche negli Usa.