SOPA e PIPA sepolte dagli stessi promotori, la prima battaglia anticensura è vinta?
Il grande sciopero della rete, la mobilitazione massiccia che ha visto coinvolti Google e WordPress, Mozilla e Wikipedia contro le disposizioni "anti-pirateria" (e in realtà apertamente censorie) contenute dei disegni di legge SOPA (Stop Online Piracy Act) e PIPA (Protect Intellectual Property Act) ha raggiunto il suo scopo: le leggi sono state fermate dagli stessi promotori e difficilmente l'iter potrà essere riavviato nel breve periodo.
Il repubblicano Lamar Smith (promotore del SOPA), presidente della House of Representatives Judiciary Committee, ha affermato che il provvedimento è da ritenersi bloccato, almeno fino a quando in materia di "pirateria online" non sarà raggiunto quello che lo stesso Smith ha definito un accordo più ampio sulla soluzione. Ma Smith ha voluto aggiungere all'intervento che sanciva la sua ritirata, una nota di colore tipicamente repubblicana. Forse perché nutriva la speranza di risvegliare un moto d'orgoglio in quanti potrebbero trovare offensivo che uno "ladro straniero rubi e venda invenzioni e prodotti americani" (queste le parole utilizzate) o forse intendeva chiedere l'assoluzione se non per l'azione quanto meno per le intenzioni che, comunque, ritiene più che mai valide: difendere l'America dall'invasione informatica.
Questo l'estratto del suo intervento: "Ho ascoltato le opinioni dei critici e ho preso sul serio le loro preoccupazioni riguardo il disegno di legge proposto per affrontare il problema della pirateria online. Appare evidente che occorra rivedere l'approccio riguardo quale sia il modo migliore per affrontare il problema dei ladri stranieri che rubano e vendono invenzioni e prodotti americani".
Medesimo dietro front per Harry Reed, capo dei democratici al senato (a dimostrazione del fatto che l'attacco alla rete è stato bipartisan), che ha annunciato il rinvio a data da destinarsi del voto sul PIPA che era inizialmente previsto per il prossimo 24 gennaio.
Naturalmente, negli USA come nel resto del mondo, Italia compresa, le cosiddette "leggi anti-pirateria" o di "tutela dei diritti d'autore" altro non sono che l'esplicita richiesta al governo delle grandi imprese di intrattenimento, degli editori forti, delle aziende farmaceutiche e di tutti i gruppi industriali che hanno interesse a bloccare fenomeni di pirateria online. Quello che queste aziende non hanno calcolato, però, è che dall'altro lato c'è una lobby ormai altrettanto potente, quella delle imprese che lavorano in Internet che non hanno alcuna intenzioni di veder messo a repentaglio il loro business per andare incontro alle esigenze commerciali di un'altra lobby. Se poi si considera che le imprese tecnologiche -sul tema della censura- hanno dalla loro il consenso popolare, i conti sono fatti.
Sarà molto difficile per il congresso riuscire a sbrogliare la matassa e accontentare entrambi gli interessi lobbistici.
Di questa impasse del potere, naturalmente, godono gli utenti che per una volta possono bearsi della vittoria delle loro ragioni. Anche se, è bene chiarirlo ancora una volta, le ragioni del dietro front attraverso dinamiche molto lontane da quelle che vorrebbero un governo pronto a dar seguito al malcontento popolare.