L'artista David Lowery ha dato il via ad una class action contro Spotify affermando che il servizio di streaming musicale avrebbe distribuito del contenuto coperto da diritti d'autore senza aver pagato le licenze. Lowery ha richiesto il pagamento di 150 milioni di dollari in danni per la distribuzione illegale di diverse sue canzoni. Secondo l'artista, Spotify avrebbe "causato un danno sostanziale ai detentori dei diritti d'autore evitando intenzionalmente di procurarsi le licenze per la riproduzione e la distribuzione dei contenuti". Lowery rappresenta un gruppo di oltre 100 artisti vittime della stessa violazione.
Spotify sembra peraltro sapere che alcuni brani presenti sulla piattaforma possono infrangere il copyright e ha un fondo tra i 17 e i 25 milioni di dollari disponibile per pagare le licenze mai concesse agli artisti. Lowery è conosciuto per essere uno dei critici più feroci nel settore musicale, sempre pronto a difendere l'industria dagli attacchi diretti e indiretti. Come quando nel 2012 ha risposto con una sarcastica lettera aperta all'articolo di un dipendente dell'emittente radiofonica NPR che affermava di non aver mai acquistato musica.
"Siamo intenzionati a pagare gli artisti e i publisher ogni singolo penny" ha risposto Spotify in una nota. "Sfortunatamente, soprattutto negli Stati Uniti, le informazioni necessarie per confermare i veri detentori dei diritti sono spesso mancanti, sbagliate o incomplete. Quando i proprietari non sono immediatamente chiari, mettiamo da parte i soldi che gli dobbiamo in attesa di confermare le loro identità". L'azienda è già finita al centro di polemiche relative alla politica sui pagamenti degli artisti, spesso considerati troppo bassi dagli stessi autori e dalle case di produzione. Lo stesso Spotify aveva ammesso in un post sul blog ufficiale di avere problemi ad amministrare le licenze, assicurando di voler costruire un sistema più trasparente nei confronti degli artisti.