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“Su Facebook puoi augurare la morte dei personaggi pubblici”: la denuncia del The Guardian

La testata ha ottenuto dei documenti destinati ai moderatori interni al social network, nei quali viene specificato che alcune delle regole che valgono per il pubblico generico non si applicano ai personaggi famosi. Nella categoria descritta rientrano però persone che non sono vere e proprie celebrità.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Su Facebook sono in vigore regole precise contro la diffusione di insulti e minacce indirizzati verso il prossimo, pensate per fare sì che la piattaforma non si trasformi in un veicolo di odio organizzato nei confronti di singoli individui. Non sempre il social riesce a far rispettare le proprie norme con rigore, ma stando a quanto riportato da The Guardian, in alcuni casi i moderatori non ci provano neppure: quando insulti e minacce di morte sono rivolti a personaggi pubblici, anche molto poco famosi.

La rivelazione è destinata a far discutere, e proviene da quelli che The Guardian ha definito come documenti interni destinati ai moderatori di Facebook. La testata li ha ottenuti da una fonte non specificata e, dopo averli analizzati, ne ha offerto in queste ore una sintesi preoccupante. I responsabili della moderazione sul social avrebbero infatti mandato di distinguere chi è l'oggetto di insulti e minacce all'interno dei singoli interventi pubblicati dagli utenti: se si tratta di una persona qualunque, il social applica tutti i livelli di protezione previsti dal regolamento, rimuovendo gli interventi offensivi e impedendo agli autori di reiterare le violazioni; negli altri casi il social prerisce "consentire il dibattito che si sviluppa attorno a individui e persone che fanno notizia, anche quando i commenti sono critici".

Le categorie non protette

Un esempio pratico è quello che riguarda le minacce e gli auguri di morte. Secondo The Guardian, il social ammette queste minacce nei confronti di VIP e personaggi famosi a patto che non siano direttamente chiamati in causa nella conversazione, ad esempio con un tag o in pagine o gruppi dove siano presenti. Oltre che sollevare un problema di principio, quanto emerso è preoccupante anche per via della definizione di personaggio pubblico: all'interno della categoria sono inclusi tutti i politici di qualunque livello e grado, tutti i giornalisti che scrivono pubblicamente. Anche gli influencer fanno parte dei bersagliabili, a patto che abbiano più di 100.000 follower su uno o più social. Rientrano nei criteri anche persone finite al centro delle notizie del giorno, "nominate nel titolo, nel sottotitolo o nell'occhiello di 5 o più articoli negli ultimi 2 anni".

Posto che la diffusione di odio online rimane un tema sul quale non dovrebbe essere possibile transigere, stando alle linee guida riportate da The Guardian auguri e minacce di morte generici possono essere rivolti a un insieme molto ampio di persone, spesso privo della protezione della quale dispongono personaggi veramente noti. Purtroppo non è difficile capire perché Facebook potrebbe trovare ammissibile lo sviluppo di conversazioni tossiche su figure polarizzatrici: i guadagni del social si basano sull'attenzione che i post riescono a generare nei confronti degli utenti, e contenuti che puntano alla pancia di chi legge sono da sempre quelli che funzionano di più.

La risposta di Facebook

Nello stesso pezzo rivelatore del The Guardian, Facebook ha risposto con la sua versione dei fatti riferendo di "rimuovere le minacce più serie a prescindere da chi sia l'obbiettivo" e di "consultarsi regolarmente con esperti sul tema della salvaguardia dei diritti umani, con giornalisti e attivisti per ricevere commenti sulle regole impiegate".

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