“Su Facebook rimossi 84 milioni di video di abusi, su Pornhub solo 118”: l’accusa del sito
Nelle scorse ore Pornhub ha eliminato milioni di video dai suoi server spinta da un'inchiesta del New York Times nella quale veniva denunciata la presenza sulla piattaforma di video contenenti abusi e minori. La mossa servirà a far sì che sul portale a luci rosse vengano caricati solo contenuti provenienti da utenti dei quali i moderatori possono verificare l'identità, ma nel frattempo il sito ha puntato il dito contro altri siti accusandoli di comportarsi anche peggio dal punto di vista della moderazione dei contenuti.
In un post sul blog di Pornhub, i gestori hanno fatto notare come piattaforme di condivisione social come Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, Snapchat e Twitter permettano di caricare contenuti in modo del tutto anonimo, aggiungendo che in fatto di abusi sui minori l'anno scorso il social network di Mark Zuckerberg ha dovuto rimuovere ben 84 milioni di foto e video, mentre il dato più recente relativo a Pornhub è di 118. Se da una parte i portali accusati non devono essere esenti da controlli rigorosi dal punto di vista dei materiali illeciti caricati, d'altro canto è anche vero che offrono due tipologie di servizi diversi: i primi sono piattaforme social, mentre Pornhub si definisce un sito di contenuti per adulti.
Per Pornhub proprio questa differenza è il motivo per cui il suo sito è stato "preso di mira" mentre altre piattaforme no; l'accusa rivolta a chi addita il portale è di essere mosso da intenti censori, mentre "nel mondo di oggi tutte le piattaforme social condividono la responsabilità di combattere la proliferazione di materiale illecito". Se però nel caso di Facebook e degli altri social non va sicuramente abbassata la guardia, la condizione di anonimato è centrale per siti web che fanno dello scambio di opinioni e contenuti il proprio fulcro. Pornhub d'altro canto lucra precisamente sul caricamento di video per adulti che, se non moderati con attenzione, rischiano di nascondere illeciti come quelli denunciati dal New York Times.
L'aver "fatto da esempio" del quale si fregia il portale in calce al suo intervento inoltre è il risultato di una decisione attuata due giorni dopo che Visa e Mastercard — i due sistemi di pagamento attraverso i quali è possibile acquistare contenuti e abbonamenti sul sito — hanno ritirato il proprio supporto tecnologico alla piattaforma. Più logico insomma è sperare che altri siti che a luci rosse che si basano sullo stesso modello seguito da Pornhub fino a settimana scorsa ora prendano provvedimenti simili a quelli adottati dal portale, e che i gestori di quest'ultimo mettano in campo forze adeguate a moderare i contenuti ospitati sui suoi server.