Tesla obbliga i dipendenti a tornare in fabbrica in anticipo e loro si ammalano di Covid-19
Qualche settimana fa la fretta di Elon Musk di riportare in fabbrica i dipendenti statunitensi di Tesla prima della fine del lockdown aveva provocato reazioni critiche da più parti, ma ora sembra che la vicenda abbia avuto le conseguenze che i più pessimisti si aspettavano: l'accensione di un focolaio di contagio proprio tra la forza lavoro del gruppo. Lo hanno riferito in queste ore al Washington Post alcune fonti interne all'azienda, secondo le quali nel corso del mese scorso più di un impiegato sarebbe risultato positivo al tampone per il Covid-19 e messo in isolamento.
La fretta di Musk
I supervisori dello stabilimento coinvolto — raccontano i dipendenti Tesla interpellati dalla testata — si sono riuniti con le relative squadre per metterle al corrente della situazione, informandoli della scoperta di diversi casi di positività nell'azienda e della decisione del gruppo di mettere in malattia i contagiati. La vicenda ha però avuto inizio più di un mese fa, quando in pieno lockdown il numero uno di Tesla, il miliardario Elon Musk, ha iniziato a manifestare la volontà di riaprire in anticipo le proprie fabbriche in California — minimizzando sulla pericolosità del virus e minacciando di spostare gli stabilimenti produttivi altrove in caso di blocco ulteriore.
La prospettiva della perdita di migliaia di posti di lavoro ha portato la contea di Alameda a garantire a Tesla una riapertura in sicurezza per il 18 maggio, ma nonostante la concessione il gruppo ha comunque ripreso le attività una settimana prima, in violazione del lockdown e dunque senza dover sottoporre i dipendenti a test preventivi prima del ritorno in fabbrica. Tesla non ha rilasciato commenti in risposta alle domande del Washington Post, ma le tempistiche ricavate dalle rivelazioni di queste ore suggeriscono che i nuovi contagi emersi negli stabilimenti californiani possano essere una conseguenza diretta della violazione del lockdown della prima metà di maggio.