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Covid 19

Uber dà consigli sul coronavirus agli autisti, ma non li paga se stanno a casa malati

Le due aziende hanno incoraggiato i loro autisti a seguire delle pratiche linee guida per contenere la diffusione del virus, ma il consiglio di rimanere a casa se malati si scontra con l’esigenza di poter guadagnare per sopravvivere. Gli autisti non sono dipendenti e non godono di giorni di malattia né assicurazione sanitaria.
A cura di Lorenzo Longhitano
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In questi giorni l'epidemia di coronavirus sta facendo scattare provvedimenti per il contenimento delle infezioni all'interno delle aziende di tutto il mondo. Tra queste realtà aziendali non mancano i colossi del trasporto automobilistico hi tech, ovvero Uber e Lyft, che hanno inviato in questi giorni ai propri automobilisti delle guide pratiche su come affrontare le complessità legate alla diffusione del coronavirus. Il vademecum solleva però un interrogativo legittimo: due tra le soluzioni più efficaci suggerite agli automobilisti — rimanere a casa e farsi visitare da un medico — non sono sempre praticabili da un punto di vista economico, perché non retribuite.

Lavarsi le mani frequentemente, coprirsi la bocca durante tosse o starnuti, e disinfettare frequentemente il proprio veicolo sono tutti consigli di buonsenso che si trovano nei siti web delle due aziende e che riflettono del resto le misure consigliate dai governi di tutti i Paesi alla propria cittadinanza. Quello di darsi malati al minimo sintomo di febbre è però un consiglio che potrebbe incontrare più resistenza perché — come tengono a sottolineare le stesse aziende — gli autisti in forze a Uber e Lyft non sono dipendenti aziendali. Non c'è un rapporto di lavoro che li lega, né assicurazione sanitaria o giorni di paga previsti per chi non si sente bene e decide — per il bene di tutti — di non recarsi al lavoro.

L'inquadramento degli autisti come professionisti indipendenti però in una situazione come questa può portare a dei problemi. Da una parte infatti quella di erodere i propri guadagni per preservare la salute altrui è la decisione  — dolorosa ma giusta — che stanno prendendo già molti liberi professionisti in parecchi settori; d'altro canto questi ultimi, pur tra mille difficoltà, conservano un certo controllo sui propri affari. Chi può fare affidamento esclusivamente sui guadagni ricavati dalle proprie attività di autista (secondo Uber e Lyft sono una minoranza, ma esistono) potrebbe invece prendere la decisione deleteria di recarsi al lavoro senza essere nelle migliori condizioni per farlo, mettendo così a rischio la salute dei passeggeri.

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