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Un Grammy per Steve Jobs: a quando l’Oscar, il Nobel e il Pulitzer?

Quest’anno la giuria dei Grammy Awards ha deciso di assegnare un riconoscimento al fondatore di Apple Steve Jobs per aver rivoluzionato il mercato musicale. Ma era proprio necessario? Non sarà che -ormai- ogni scusa è buona per tirare in ballo Jobs e fare un po’ di rumore?
A cura di Anna Coluccino
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steve jobs grammy

Partiamo da un assioma difficilmente contestabile: Steve Jobs è stata una delle figure più importanti e influenti della storia contemporanea, verrà ricordato come un uomo carismatico, geniale che, pur tra le molte ombre, ha innescato mutamenti irreversibili, modificando per sempre la cultura e la storia della specie umana. Del resto sono proprio caratteristiche come queste a rendere miliare un personaggio, se non le avesse possedute sarebbe rimasto "persona", come la maggior parte degli esseri umani.

Da questo dato non si prescinde e non intendiamo metterlo in discussione.

Detto questo, è pur vero che a tutto c'è un limite. E francamente di incoronazioni post-mortem non se ne può proprio più. Alcune sono comprensibili, ove non doverose, perché si esprimono all'interno dell'ambito in cui le capacità di Jobs hanno fatto profondamente la differenza, ma di alcune proprio non si comprende la necessità, né se ne intravedono le ragioni, eccezion fatta per l'evidente desiderio di volersi forzatamente inserire nel codazzo di novelle prefiche che ormai da mesi vanno glorificando l'esistenza di Steve Jobs anche quando si parla di pane e salame.

L'idea di assegnare un Grammy a Steve Jobs per aver "creato prodotti e tecnologie che hanno trasformato il modo in cui consumiamo la musica, la televisione, i film e i libri" può essere definita in un modo soltanto: pretestuosa. I Grammy sono riconoscimenti per musicisti, nessun musicista potrebbe mai vincere un premio tecnologico a meno che non crei qualcosa di specificamente tecnologico, e non risulta a nessuno che Jobs abbia mai inciso un album. Aver contribuito in maniera anche decisiva a una diffusione massiccia e rivoluzionaria della musica non abilita alla ricezione di un premio riservato ai musicisti e a chi di musica si occupa in maniera professionale e dedicata. Per gli innovatori esistono premi "appositi". Altrimenti perché non assegnare un Grammy anche a chi inventò il walkman e le musicassette? O perché non assegnare a Jobs anche il premio Hans Christian Andersen? Anche la letteratura deve molto a Jobs.

O meglio ancora: perché non decidiamo che tutti i premi che verranno assegnati dalla fine del 2011 a ottobre 2012 siano consegnati di default alla memoria di  Steve Jobs?

A questo punto sarà meglio ripetersi: lungi da noi voler ridimensionare l'importanza di Jobs, ma non pare neppure corretto sminuire l'importanza di altri personaggi che -nel loro campo- hanno fatto la storia. Oltre che a Jobs, infatti, i Grammy di quest'anno verranno assegnati a Diana Ross (ancora in vita ma mai premiata) e al musicista brasiliano Tom Jobim, morto nel 1994 e premiato sempre e solo post mortem: parliamo dell'autore di Girl from Ipanema, una pietra miliare della storia della musica. Come loro, molti altri meriterebbero l'ambito premio musicale per aver fatto musica, eppure moltissimi geni musicali sono a tutt'oggi a secco di riconoscimenti.

Qual è il senso dell'assegnare un Grammy a Jobs? Per sottolineare -ancora una volta- la sua grandezza? E ce n'è davvero bisogno?

A questo punto, non mi stupirei se ai prossimi Oscar qualcuno proponesse di assegnare al compianto Steve Jobs l'Oscar come miglior attore protagonista, magari con la motivazione che "avendo fatto della sua vita un capolavoro cinematografico, si può ben dire che ha calcato le scene come il migliore tra gli attori della storia"; o magari alle prossime assegnazioni del Nobel qualcuno potrebbe ritenere opportuno investire Jobs, post mortem, di un bel Nobel per la Pace perché "grazie alla creazione di device tecnologici che agevolano la comunicazione tra gli esseri umani, Jobs si è fatto promotore del dialogo, innescando un meccanismo virtuoso che ha condotto all'aumento del desiderio di pace tra gli uomini"; e perché non il Premio Pulitzer "per aver favorito con i suoi device la diffusione di un nuovo modo di fare giornalismo: più libero, partecipato, vicino alla verità e ai suoi protagonisti".

Naturalmente, tutto questo sarcasmo non vuol essere fine a se stesso né intende denigrare la memoria di Steve Jobs, il punto è che appare fin troppo facile trovare una qualche formula motivazionale capace di sottolineare l'importanza Jobs rispetto a qualsiasi attività scientifica, sociale o culturale; e questo per il semplice fatto che -rivoluzionando i supporti- Jobs ha gioco forza rivoluzionato i contenuti, sia in termini di diffusione, che di mole, che di qualità. Ma questo non significa che gli vada assegnato un premio per ciascun contenuto.

Assegnargli un premio per ogni singola categoria dello scibile umano pare un po' ridicolo. Così facendo, contrariamente a quanto sembrerebbe, non si onora il lavoro Steve Jobs, lo si trasforma in mero feticcio.

Non c'è bisogno di assegnare all'ex CEO di Apple dieci diversi premi in altrettante discipline se poi -alla base- la motivazione è sempre la stessa ed è di natura squisitamente tecnologico-sociologica.

Jobs ha cambiato il mondo attraverso la tecnologia. E per questo sarà ricordato. Il resto è fuffa, e serve solo a generare sensazione.

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