Il governo libanese sta pianificando l'introduzione di una tassa per le chiamate di WhatsApp, un'eventualità che nel paese ha scatenato forti proteste per le strade di Beirut. La tassa proposta prevede il pagamento di 20 centesimi per ogni prima chiamata del giorno effettuata attraverso il sistema di messaggistica di Facebook. Un elemento che ha infiammato ulteriormente i cittadini libanesi già colpiti da aumenti dei prezzi imposti dal governo per cercare di risolvere la sua situazione di forte debito.
In questo senso il Libano aveva introdotto misure già lo scorso luglio, elementi che hanno portato a pesanti conseguenze per i cittadini e messo a rischio, per esempio, le pensioni dei soldati congedati. Ora, invece, sono arrivate le proposte riguardanti l'aumento dell'IVA, le tasse sul carburante e l'introduzione di una tassa pensata appositamente per WhatsApp e che prevederebbe l'introduzione di un costo di 20 centesimi per ogni prima chiamata effettuata attraverso il servizio ogni giorno.
In Libano WhatsApp è utilizzato molto frequentemente proprio in virtù del fatto che consente di effettuare chiamate gratuite attraverso la connessione dati, un metodo low cost per tenersi in contatto che ha inevitabilmente interessato milioni di persone. Per questo la notizia ha portato numerosi manifestanti a protestare per le strade di Beirut. L'idea di introdurre una tassa sui social non è peraltro una novità: nel 2018 anche l'Uganda aveva proposto una soluzione simile che prevedeva il pagamento di 5 centesimi di dollaro ogni giorno per poter utilizzare Facebook, WhatsApp, YouTube, Twitter e gli altri social network. Un contributo viene scalato dal credito telefonico prima di consentire l'accesso a portali e applicazioni social e che è stato rinominato dai cittadini una vera e propria "social media tax".