"Mentre i nostri servizi vengono utilizzati da manifestanti e attivisti ovunque grazie alla crittografia e alla protezione della privacy, su TikTok le menzioni di queste proteste vengono censurate, anche negli USA". Questo passaggio dell'intervento di Mark Zuckerberg presso la Georgetown University non può che risultare paradossale se visto nel contesto degli ultimi giorni. Nel suo discorso sulla libertà di parola – una lunga riflessione su come la Cina stia mettendo in pericolo i valori occidentali (dimenticandosi però della corte che Zuckerberg ha fatto al paese asiatico negli ultimi anni) – il fondatore del social network ha lodato l'utilizzo dei suoi servizi, da Facebook a WhatsApp, durante le proteste e da parte di attivisti. Peccato che nello stesso momento stesse abbattendo decine di pagine pro curdi.
L'attività nei confronti delle pagine vicine alla causa curda è iniziata la settimana scorsa con la rimozione di un'immagine su Instagram del reporter Michele Lapini. Il motivo: violenza od organizzazioni pericolose. Poi è stato il turno della pagina dedicata a "Binxêt. Sotto il confine", il documentario sulla resistenza nel Rojava di Luigi D’Alife. "Nessuna promozione di violenza, solo testimonianze di fatti" ha commentato Lapini a Esquire. Ma lo stesso destino è toccato anche ad altre pagine: "Milano in Movimento" per esempio, ma anche Global Project, Contropiano, DinamoPress, Infoaut, Radio Onda d’Urto e altre realtà che in questi giorni stanno raccontando la situazione turco-siriana.
Ora, è bene sottolineare una cosa: la dinamica di queste rimozioni non è chiara e può dipendere da molti fattori. Il più plausibile è che queste pagine siano finite al centro di operazioni di segnalazione di massa da parte di gruppi vicini alla turchia, ma vista la scarsa trasparenza del social network in questo senso è difficile dire se l'attuale situazione sia stata causata da segnalazioni in arrivo dall'Italia, dalla Turchia o se sia un'operazione degli stessi moderatori della piattaforma. In ogni caso, il risultato è lo stesso e arriva proprio in contemporanea con il discorso sulla libertà di parola di Mark Zuckerberg. Un accostamento che fa riflettere, perché mentre il fondatore parla dell'importanza dei suoi servizi per gli attivisti, la sua piattaforma oscura, tra le altre cose, le foto del funerale di Lorenzo Orsetti, il combattente italiano morto combattendo l’Isis. Ma allo stesso tempo annuncia che i politici potranno pubblicare contenuti senza dover sottostare al fact checking.